Lo scorso 23 Maggio, il Parlamento francese ha ammesso i danni provocati in Polinesia dopo i test avvenuti tra il 1966 e il 1996. La nazione era stata precedentemente denunciata nel 2018 per crimini contro l’umanità, ma solo pochi giorni fa ha ammesso di aver provocato danni sanitari alla popolazione locale.
Durante i trent’anni di test nucleari la Francia ha fatto esplodere 181 ordigni nell’arcipelago polinesiano. Di questi, 135 sono stati detonati sul suolo e i restanti 46 nell’atmosfera. Il deputato polinesiano Danièle Obono ha dichiarato che, negli ultimi 25 anni, le radiazioni rilasciate nell’atmosfera hanno aumentato di cinque volte il numero di malformazioni alla nascita. La potenza delle testate nucleari infatti, superò anche quella della bomba rilasciata su Hiroshima il 6 Agosto 1945. Nel 1968 la potenza di uno degli ordigni francesi era pari a mille chilotoni, a differenza dei 15 di quello utilizzato in Giappone.
Solo nel 1998 la Francia ha firmato un trattato che imponeva il divieto di effettuare test nucleari sul suolo polinesiano. Nel trattato è stato inoltre stabilito che la Francia deve impegnarsi a ristabilire un equilibrio economico e strutturale della Polinesia. Il trattato è stato approvato con voto unanime dal Senato.
Presso l’assemblea nazionale, solo uno dei deputati si è mostrato contrario alla riforma votando a sfavore. Il polinesiano Moetai Brotherson, del gruppo comunista, ha affermato che secondo lui il nuovo statuto non avrebbe valore normativo o giuridico. Ma soprattutto non potrebbe cambiare in alcun modo le sorti di coloro che sono rimasti vittime dei test nucleari. Come Brotherson temeva, lui stesso ha fatto notare che recentemente il tribunale amministrativo ha respinto dieci delle dodici richieste di risarcimento da parte delle vittime.
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