Grazie ai dati raccolti dalla missione Cassini della NASA, i ricercatori hanno potuto approfondire le loro conoscenze sui crateri da impatto sulla superficie di Titano. In questo nuovo studio, pubblicato di recente su Astronomy & Astrophysics, sono mostrati infatti più dettagli sull’evoluzione dei crateri e sulle variazioni delle condizioni meteorologiche sulla superficie della gigantesca luna di Saturno.
Titano ha, come la Terra, un’atmosfera densa che la protegge dai meteoroidi e se qualcuno dovesse riuscire a raggiungerne la superficie, gli eventi geologici spesso cancellano i crateri creati dal loro impatto. Come risultato, sulla superficie di Titano osserviamo molti meno impatti e meno crateri rispetto ad altre lune. Ma nonostante siano pochi, i crateri di Titano rivelano comunque molto su questa luna gigante.
Questo nuovo studio ha mostrato che su Titano vi sono due diversi tipi di crateri la cui posizione e composizione sono collegate. Un primo tipo si osserva nei campi di dune intorno all’equatore di Titano e un secondo nelle vaste pianure tra la zona equatoriale ed i poli. I crateri tra le dune all’equatore sono costituiti completamente da materiale organico, mentre i crateri nelle pianure sono composti da una miscela di materiali organici, acqua ghiacciata e una piccola quantità di ghiaccio simile al metano.
I crateri di Titano, non solo solo diversi per la composizione, ma in base a dove si trovano, evolvono anche in modo diverso. Per i crateri nelle pianure alle latitudine medie la miscela di materiale organico e acqua ghiacciata viene creata dal calore dell’impatto e poi in seguito lavate dalla pioggia di metano. Ma questo processo di dilavamento non avviene nella regione equatoriale dove le aree di impatto sono rapidamente coperte da un sottile strato di sedimenti di sabbia.
Questo implica che l‘atmosfera e gli eventi meteorologici di Titano non solo plasmano la sua superficie, ma sono anche alla base di un processo fisico che influenza i materiali che rimangono esposti in superficie.
Anezina Solomonidou, ricercatrice dell’ESA e autrice principale di questo studio, ha affermato che “la parte più entusiasmante dei nostri risultati è che abbiamo trovato prove della superficie dinamica di Titano nascosta nei crateri, il che ci ha permesso di dedurre una delle storie più complete dello scenario di evoluzione della superficie di Titano fino ad oggi. La nostra analisi offre ulteriori prove che Titano rimane un mondo dinamico ai giorni nostri.”
Per realizzare questo studio sono stati analizzati i dati degli strumenti a bordo della sonda Cassini, che osservano nello spettro del visibile e degli infrarossi. Cassini è rimasta in attività per 13 anni, dal 2004 all 2017, effettuando più di 120 passaggi ravvicinati su Titano.
Titano è un mondo oceanico, con un mare di acqua e ammoniaca sotto la sua crosta. Per questo gli scienziati sono interessati allo studio di Titano, in quanto ritengono possa svelarci molti dettagli sulle origini e sull’evoluzione della vita nell’universo. I ricercatori dunque cercano la vita e il materiale organico sulla sua superficie, mentre i crateri potrebbero rivelarci qualcosa sul suo sottosuolo.
In questo nuovo studio si è anche scoperto che un sito di impatto, conosciuto come Selk Crater, è completamente ricoperto di sostanze organiche e non è stato interessato dal processo di dilavamento ad opera della pioggia di metano, come è avvenuto in altri crateri. Proprio per questo Selk è uno degli obiettivi della missione Dragonfly della NASA, il cui lancio è previsto nel 2027.
Ph. Credit: NASA/JPL/University of Arizona/University of Idaho
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