Il misterioso Pianeta Nove potrebbe finalmente avere un volto. Un gruppo di astronomi ha identificato un possibile candidato analizzando dati infrarossi raccolti decenni fa, suggerendo che l’oggetto tanto cercato potrebbe essere già stato osservato… senza saperlo.
Il Pianeta Nove è un ipotetico corpo celeste situato ben oltre l’orbita di Nettuno, a una distanza stimata tra 500 e 700 unità astronomiche (UA) dal Sole. Per fare un confronto, Plutone orbita in media a circa 40 UA.
Il mistero del Pianeta Nove: prove e teorie
L’ipotesi della sua esistenza è stata formulata nel 2016 da Konstantin Batygin e Mike Brown del Caltech. Studiando sei oggetti nella fascia di Kuiper, i due astronomi hanno notato orbite insolitamente raggruppate, come se fossero “guidate” da un’enorme massa invisibile.
Secondo la NASA, l’esistenza del Pianeta Nove renderebbe il nostro Sistema Solare più simile a molti altri studiati nella galassia, dove sono comuni pianeti con masse intermedie tra Terra e Nettuno, le cosiddette super-Terre.
Come si cerca un pianeta così lontano?
A differenza degli esopianeti, osservabili indirettamente tramite i loro effetti sulla luce delle stelle, trovare un pianeta nel nostro Sistema Solare è sorprendentemente difficile. Il Pianeta Nove si troverebbe troppo lontano per riflettere abbastanza luce solare e sarebbe quasi invisibile anche ai telescopi più potenti.
Tuttavia, un team di ricerca ha provato un approccio alternativo: analizzare due grandi rilevamenti a infrarossi lontani, uno del 1983 (IRAS) e l’altro del 2006 (AKARI).
Il candidato: un oggetto lento e solitario
Dopo aver vagliato oggetti in movimento molto lento — come ci si aspetterebbe da un pianeta a 500-700 UA — il team ha ristretto la lista da 13 candidati iniziali a un solo possibile oggetto. Questo oggetto:
- Non è visibile nella stessa posizione nei due rilevamenti.
- Presenta una separazione angolare compatibile con un corpo in lento movimento orbitale.
- È coerente con le previsioni fatte per un ipotetico Pianeta Nove, in termini di massa stimata (7–17 volte quella della Terra) e distanza.
E ora? Servono nuove osservazioni
Gli autori dello studio — che al momento non è ancora stato sottoposto a peer review — sottolineano che i dati non sono sufficienti per calcolare un’orbita precisa. Tuttavia, il candidato è considerato promettente e merita di essere seguito con strumenti più moderni e sensibili.
Se confermato, sarebbe una delle scoperte planetarie più importanti del secolo, con implicazioni profonde per la nostra comprensione dell’architettura del Sistema Solare.
Foto di Jaime Orejuela da Pixabay