Foto di Ryoji Iwata su Unsplash
Un nuovo studio pubblicato sulla rivista Nature Medicine ha portato alla luce un’allarmante scoperta: la possibile trasmissione del morbo di Alzheimer attraverso ormoni della crescita derivati da cadaveri. Lo studio ha identificato casi di Alzheimer in individui che, da bambini, ricevettero questo trattamento tra il 1959 e il 1985.
La somministrazione di ormoni della crescita estratti da ghiandole pituitarie di cadaveri era una pratica diffusa per la cura della bassa statura nei bambini. Tuttavia, questa pratica venne abbandonata negli anni ’80 a causa del rischio di trasmissione di malattie come la Creutzfeldt-Jakob (MCJ).
Lo studio delinea un possibile legame tra le iniezioni di ormoni della crescita e lo sviluppo di Alzheimer in età precoce. Cinque dei otto pazienti monitorati nello studio hanno manifestato sintomi di Alzheimer tra i 30 e i 50 anni, un’età decisamente inferiore all’insorgenza tipica della malattia.
L’analisi dei pazienti ha evidenziato la presenza di biomarcatori tipici dell’Alzheimer, come la proteina beta-amiloide e l’atrofia cerebrale. Questi risultati rafforzano l’ipotesi di una trasmissione del morbo di Alzheimer attraverso le iniezioni di ormoni della crescita.
La scoperta apre nuovi scenari nella comprensione dell’Alzheimer. La similitudine con le malattie da prioni suggerisce che la proteina beta-amiloide possa innescare una reazione a catena nel cervello, simile a quanto avviene nel morbo della mucca pazza o nel kuru.
Fortunatamente, la pratica di utilizzare ormoni della crescita da cadaveri è stata interrotta da decenni. Tuttavia, lo studio evidenzia la necessità di approfondire la ricerca sulle modalità di trasmissione dell’Alzheimer e di sviluppare nuove strategie terapeutiche.
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