Un nuovo studio condotto dai ricercatori del Carl Sagan Institute (CSI) ha mostrato come la vita potrebbe avere una possibilità di fiorire sull’esopianeta Proxima b nonostante le condizioni del pianeta roccioso non siano eccezionali ma neanche così improponibili.
La Royal Astronomical Society ha parlato dello studio nelle sue comunicazioni mensili, Jack O’Malley-James e Lisa Kaltenegger, un ricercatore associato e direttore del Carl Sagan Institute della Cornell University lo hanno portato avanti.
Hanno analizzato il livello di radiazione UV presente sui pianeti orbitanti intorno alle stelle nane rosse e lo hanno confrontato con quello che caratterizzava la terra primordiale.
Gli scienziati hanno perciò preso in considerazioni vari pianeti con determinate atmosfere, ognuna di essere ha caratteristiche che man mano si discostano da quelle della terra attuale e si avvicinano a quelle della terra primordiale, ovvero un’atmosfera anossica con bassa capacità di contrastare la radiazione UV ed uno strato di ozono molto rarefatto.
A rendere il tutto interessante è proprio il modello che poco si discosta da come era la terra primordiale, poichè il gioco diventa pura e semplice logica, se sulla terra la vita si è formata un miliardo di anni dopo la sua nascita, a parità di condizioni, anche Proxima b ha le potenzialità di dare casa a forme di vita unicellulari, grazie proprio alle eccellenti sovrapposizioni effettuabili riguardo le condizioni ambientali del pianeta, non a caso i primi organismi che abitarono la terra furono proprio batteri resistenti ad alti tassi UV.
Una notizia molto incoraggiante per i ricercatori, dal momento che getta le basi per sostenere la teoria che ci possa essere vita all’infuori del sistema solare e soprattutto spinge alla ricerca di pianeti abitabili fin da subito poichè ci fornisce una linea guida da seguire nell’individuare questo tipo di pianeti.
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