Le missioni spaziali sono sempre focalizzate sui progressi sull’esplorazione spaziale e il futuro dell’umanità, ma pochi si chiedono cosa succede agli astronauti che trascorrono molto tempo in orbita e quali sono gli effetti che possono avere sul cervello e il corpo in generale.
Un team dell’università della Florida ha avuto il compito di analizzare il cervello di 15 astronauti e ha scoperto cose davvero interessanti.
Studi di neuroimaging hanno rivelato diminuzioni dei volumi di materia grigia frontale e temporale, nonché un aumento della corteccia somatosensoriale. Ma non solo: questa analisi ha anche mostrato che alcuni dei soggetti studiati hanno sviluppato un movimento verso l’alto del cervello. In parole povere, è come se producesse dei galleggianti all’interno del cranio e l’espansione del volume ventricolare. Tutti questi effetti sono collegati al volo spaziale.
Ciò è spiegato dall’effetto della microgravità, che fa salire il cervello spostando il liquido che lo circonda, facendolo stipare nella parte bassa del cranio. Questo può spiegare una serie di disturbi visivi sperimentato dagli astronauti, chiamato “sindrome neuro-eye” , associato al volo spaziale, che deriva dalla pressione del liquido che esercita sul cervello accumulato sul nervo ottico.
Il gruppo di astronauti che si sono prestati a questo studio avevano tra i 40 e i 60 anni. Sette di loro, tra cui una donna, hanno completato una breve missione (almeno 30 giorni) su una navetta spaziale e gli altri otto (di cui 2 donne) hanno completato una missione sulla Stazione Spaziale Internazionale di lungo termine (più di 200 giorni).
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