Il vaccino sperimentale contro il coronavirus sviluppato da Moderna, un’azienda di biotecnologie statunitense, ha mostrato di essere efficace su primati non umani, che hanno mostrato di superare più facilmente l’infezione virale.
L’esito non assicura che si possa ottenere lo stesso grado di efficacia negli esseri umani, ma secondo diversi ricercatori ed esperti indica comunque un importante progresso nella ricerca di un vaccino per tenere sotto controllo la pandemia.
Sperimentato nei macachi, ha indotto la produzione di anticorpi neutralizzanti, una rapida protezione delle vie respiratorie e protetto gli animali da lesioni polmonari, secondo i dati. Il 27 luglio i National Institute of Health hanno annunciato l’avvio della fase 3 della sperimentazione in 89 siti americani, su circa 30mila volontari sani.
La sperimentazione ha interessato 24 esemplari di macaco suddivisi in tre gruppi: il primo ha ricevuto un basso dosaggio del vaccino, il secondo una dose più alta e il terzo nessun trattamento. Ogni macaco vaccinato ha ricevuto una prima dose e dopo un mese una seconda. I ricercatori hanno poi atteso un altro mese prima di infettare gli animali con il coronavirus, tramite inalazione. I macachi non sono molto esposti agli effetti dell’attuale coronavirus e non sviluppano praticamente sintomi, ma sviluppano comunque un’infezione.
Il team di ricercatori scrive che il vaccino non ha evitato l’infezione, ma ha comunque impedito che il coronavirus continuasse a diffondersi nell’organismo dei macachi. Nel complesso, gli esemplari vaccinati hanno mostrato di avere una carica virale inferiore rispetto al gruppo di controllo.
I test hanno inoltre evidenziato la capacità del vaccino di indurre una marcata risposta immunitaria, con la produzione di anticorpi neutralizzanti in grado di contrastare il coronavirus. Alcuni di questi risultati sono compatibili con quelli riscontrati finora grazie ai test clinici condotti da Moderna su volontari umani.
L’azienda questa settimana ha avviato le procedure per la fase 3 della sperimentazione, quella che prevede di verificare il funzionamento del vaccino su una maggiore quantità di individui, rispetto alle due fasi precedenti dedicate per lo più a valutare la sicurezza del vaccino. Le dosi saranno somministrate a circa 30mila persone negli Stati Uniti, che saranno poi tenute sotto controllo per valutare se il vaccino abbia contribuito o meno a evitare l’infezione da coronavirus.
A differenza di altri vaccini in fase di sperimentazione che sfruttano parti specifiche del coronavirus per indurre una risposta immunitaria, il vaccino di Moderna è basato su una forma sintetica del materiale genetico del coronavirus (RNA). Una volta somministrata la dose, il vaccino induce le cellule a produrre una porzione del coronavirus, tale da non causare la malattia, ma sufficiente per indurre una risposta immunitaria da parte del nostro organismo.
Con l’avvio delle nuove sperimentazioni, i ricercatori dovranno valutare l’effettiva capacità del vaccino di suscitare una risposta immunitaria e dovranno poi valutare per quanto tempo il sistema immunitario mantenga memoria della minaccia incontrata, in modo da non farsi più cogliere di sorpresa nel caso di un nuovo attacco. A oggi non è chiaro se e per quanto tempo si mantenga una memoria immunitaria al coronavirus, anche se i primi indizi sembrano lasciare ottimisti i ricercatori sulla possibilità che duri per almeno qualche anno.
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