Gli studi sul Covid-19 sono ancora in fase iniziale e, sebbene esistano diverse incognite, dal mese di marzo gli esperti hanno imparato molte cose sul virus. Recentemente, i ricercatori del Regno Unito hanno pubblicato nuovi dati che farebbero luce sul viral shedding e indicherebbero il momento in cui le persone colpite sono maggiormente contagiose.
Lo studio, condotto da ricercatori della University of St. Andrews in Scozia, esamina i dati relativi alla carica virale e alla diffusione del virus, utili per determinarne la trasmissibilità, e rivela che tali livelli raggiungono il picco nel momento che va dalla comparsa dei primi sintomi fino al quinto giorno successivo al contagio.
La Mayo Clinic spiega che, quando una persona contrae un virus, esso si moltiplica nel corpo e può liberarsi nell’ambiente attraverso lo starnuto, la tosse o la semplice conversazione. Questo rilascio è noto come viral shedding ed è esattamente il modo in cui il Covid-19 si diffonde da persona a persona. Dall’inizio dell’epidemia, non è ancora chiaro il periodo di tempo in cui gli individui infetti continuino a rilasciare il virus.
Secondo lo studio, alcuni pazienti non manifestano mai i sintomi del virus e altri lo stanno già diffondendo a un ritmo elevato proprio quando i sintomi cominciano ad apparire, rendendo più facile la trasmissione inconsapevole. Le ricerche del CDC mostrano che il coronavirus può continuare a diffondersi tramite una persona guarita fino a 3 mesi dopo l’insorgenza della malattia, ma il nuovo studio ha riscontrato la presenza del virus vivo nei pazienti per un periodo di tempo molto più breve.
I risultati di quest’ultimo suggeriscono che, anche se i pazienti colpiti da SARS-CoV-2 potrebbero subire una perdita di RNA che si protrae fino a un massimo di 83 giorni, nessun virus vivo è stato isolato dalla coltura oltre il 9° giorno di presenza dei di sintomi, nonostante la carica virale persistentemente elevata.
Ph. credits: Foto di _freakwave_ da Pixabay
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