Nelle foto satellitari della Terra, nuvole di un verde brillante sono visibili sulla superficie dei laghi e degli oceani. Queste macchie verdi non sono altro che popolazioni di alghe, principali attori di un meccanismo biologico che arricchisce l’acqua con sostanze ricche di nutrienti. Tuttavia, le alghe sembrano essere anche responsabili di un dramma ecologico. Oltre che dall’uomo, queste piante possono essere anche intaccate da qualcos’altro: in questo caso, si tratta di virus, i cui geni possono riconfigurare il metabolismo dei loro ospiti.
Un gruppo di ricerca della Virginia Tech ha riferito di aver trovato una notevole gamma di geni responsabili di questi cicli metabolici, chiamati “giant virus“. Questi virus sono molto diversi dalla loro controparte “standard”: i cosiddetti “virus giganti“, dieci volte più grandi dei loro cugini più comuni e con centinaia o addirittura migliaia di geni, sono così diversi dal resto della “famiglia” che quando la prima specie fu scoperta nel 1992, i ricercatori li considerarono dei batteri.
Alla fine furono correttamente classificati come virus, ma anche considerati casi unici. Frank Aylward, assistente professore di scienze biologiche al College of Science, che ha guidato la ricerca, ha spiegato che questi virus sono così grandi che vengono catturati dai filtri che i ricercatori usano separare virus da batteri e da altri organismi più grandi. Ma a poco a poco è diventato chiaro che questi grandi virus erano ovunque, molto abbondanti negli ambienti acquatici, dove infettano organismi monocellulari come alghe e protozoi.
Questo è importante, perché il metabolismo di quegli organismi relativamente complessi influenza pesantemente la salute degli oceani e dei laghi in cui vivono e, in definitiva, il ciclo del carbonio del pianeta. “Sono presenti in tutta la biosfera. È che non abbiamo prestato la dovuta attenzione“, ha detto Aylward. Quest’ultimo ha iniziato ad approfondire il fenomeno dopo che il ricercatore Monir Moniruzzaman, l’autore principale del nuovo studio, è entrato nel laboratorio nel 2018.
Usando geni noti di altri virus giganti come marcatori, Moniruzzaman ha messo insieme genomi di 501 questi organismi virali giganti, principalmente prelevati da ambienti marini e di acqua dolce. Quei genomi presentavano caratteristiche standard del virus: geni funzionali alla costruzione del guscio protettivo e di tutti quei meccanismi che gli consentono di infettare ed uccidere il suo ospite. Non si aspettavano però di vedere così tanti geni metabolici. Il metabolismo è un tratto distintivo della vita cellulare, assente dai virus quasi per definizione; eppure questi “giganti” sembravano avere geni collegati a diversi percorsi metabolici chiave.
Questi geni metabolici includevano molte funzioni che non erano mai state osservate nei virus. Altri esempi sono stati i geni virali isolati, praticamente identici alle loro controparti cellulari, suggerendo che erano stati acquisiti dall’ospite in maniera casuale durante un’infezione e poi rimasti “incollati” al genoma: artefatti vestigiali delle invasioni precedenti, piuttosto che strumenti funzionali. “Ciò implica che i virus hanno avuto questi geni per milioni, anche miliardi di anni, e sono geni metabolici specifici“, ha spiegato Aylward.
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