Secondo ricercatori della Rutgers University, la vita avrebbe prosperato su Marte a molti chilometri sotto la sua superficie, dove il calore dell’attività geotermica del pianeta avrebbe potuto sciogliere il ghiaccio.
Per giungere a questa conclusione il team di ricerca ha utilizzato simulazioni computerizzate per il calcolo della probabilità di presenza di vita su Marte e su dove questa sia apparsa per la prima volta. Nei loro modelli i ricercatori hanno simulato un’atmosfera marziana ricca di gas serra come CO2 e vapore acqueo, ma anche in questo caso la superficie di Marte non si sarebbe rivelata abbastanza umida e calda per sostenere la vita.
Ma secondo lo studio, il Marte primordiale di 4 miliardi di anni fa, avrebbe avuto un’intensa attività geotermica sotterranea, che avrebbe sciolto i ghiacci delle calotte in profondità, permettendo alla vita di prosperare.
Quattro miliardi di anni fa il Sole era più debole del 25% rispetto ad oggi, il che significa che il clima del giovane Marte avrebbe dovuto essere gelido. Ma abbiamo individuato nel corso degli anni, i segni di minerali, sostanze chimiche e antichi letti dei fiumi che suggeriscono che durante questo periodo su Marte c’era acqua corrente.
E in base a questo studio, questo “paradosso del giovane sole debole”, potrebbe essere spiegato proprio da un elevata attività geotermica del Pianeta Rosso. L’autore principale dello studio, il dott. Lujendra Ojha, ha infatti affermato che “il debole paradosso del sole giovane potrebbe essere riconciliato, almeno in parte, se Marte avesse in passato un elevato calore geotermico“.
L’attività geotermica di Marte, sarebbe dunque da ricercarsi diversi chilometri sotto la sua superficie. Questo potrebbe significare che il rover della NASA, Perseverance, potrebbe non avere gli strumenti adatti per trovare la vita su Marte.
Il rover ha infatti strumenti per la raccolta di campioni di roccia fino a 9 metri di profondità, ma se il dottor Ojha e i suoi colleghi hanno ragione, potrebbe essere necessario “un trapano più grande” per trovare segni di vita microbica, poiché probabilmente questa esiste a chilometri sotto la superficie.
Il Sole, il nostro reattore nucleare gigantesco alimentato ad idrogeno, ha gradualmente illuminato e riscaldato la superficie dei pianeti del suo Sistema. Ma 4 miliardi di anni fa, quando la giovane stella aveva solo 600 milioni di anni, era molto più debole rispetto ad oggi e non sarebbe riuscito a riscaldare i pianeti a sufficienza.
Eppure sulla superficie di Marte nel suo “suolo superficiale” o regolite, abbiamo trovato prove di antichi letti di fiumi, sostanze chimiche e minerali che mostrano che la presenza di acqua in un periodo tra 4,1 e 3,7 miliardi di anni fa.
Per i pianeti rocciosi come la Terra, Venere, Mercurio e Marte, elementi come l’uranio, il torio e il potassio generano calore attraverso il decadimento radioattivo. In scenari simili vi sarebbe potuta essere la presenza di acqua liquida creata dallo scioglimento sul fondo di spesse lastre di ghiaccio, anche se il Sole era più debole di adesso. Uno scioglimento simile probabilmente spiega i fiumi e i mari che sono stati trovati, prosciugati, sul gelido Marte quattro miliardi di anni fa.
I ricercatori con i loro modelli, hanno mostrato che le condizioni adatte per lo sviluppo della vita sarebbero state molto frequenti sul giovane Pianeta Rosso e che in profondità sarebbe stata trovata la vita, se mai avesse avuto origine.
Il dottor Ojha ha aggiunto che “a tali profondità, la vita avrebbe potuto essere sostenuta dall’attività idrotermale e dalle reazioni acqua-roccia. Quindi, il sottosuolo potrebbe rappresentare l’ambiente abitabile più longevo su Marte.”
Ad aiutarci a risolvere questo mistero, ipotizzato da questa recente ricerca, potrebbe essere la sonda InSIght della NASA che sarà il primo lander a studiare la profondità del Pianeta Rosso. Sebbene sia in grado di perforare la roccia e raccogliere campioni a quasi 3 metri di profondità. Non molto, ma InSight esaminerà anche la crosta, il mantello e il nucleo del Pianeta Rosso utilizzando una serie di strumenti all’avanguardia.
Questi strumenti useranno la sismologia, i flussi di calore e il monitoraggio per osservare in profondità il mondo roccioso di Marte. Le sue ricerche potrebbero consentire agli scienziati di valutare meglio il ruolo del calore geotermico nell’abitabilità di Marte durante l’era noachiana, come ha affermato il dottor Ojha.
Ph. Credit: Advances Science / ESA /
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