Uno studio internazionale condotto dagli scienziati della Monash University ha scoperto come i vulcani sperimentano lo stress. Lo studio, pubblicato oggi sulla rivista Scientific Reports, ha implicazioni su come in futuro potremmo proteggerci meglio dai collassi improvvisi dei vulcani.
Il collasso vulcanico è infatti lo scenario peggiore che si possa presentare tra le attività dei vulcani. Può infatti innescare pericolosi tsunami o devastanti flussi piroclastici come accadde per esempio al Mount Saint Helens quando nel 1980, esattamente il 18 maggio alle 8:32 di mattina un terremoto causò il collasso dell’intera parete nord del vulcano.
In quel tragico evento furono liberati dal vulcano milioni di metri cubi di gas, rocce e lapilli contenuti al suo interno. La colonna di fumo che si venne a formare raggiunse un’altezza di 24 km nell’atmosfera, e riatterrando si depositò su 11 stati americani.
L’autore principale dello studio, il dottor Sam Thiele, neolaureato alla Monash University School, spiega che “questi eventi sono molto difficili da prevedere poiché spesso non sappiamo cosa accada all’interno dei vulcani attivi e quali forze potrebbero renderli instabili. La ricerca sulla crescita del vulcano ci aiuta a comprendere questi processi interni e le forze associate che potrebbero innescare un collasso o un’eruzione spaventosa”.
Il team di ricerca ha utilizzato dei droni per creare una mappa della struttura interna di un vulcano ora dormiente a La Palma, nelle Isole Canarie, misurando anche la larghezza di centinaia di migliaia di fessure attraverso le quali una volta scorreva il magma durante le eruzioni.
Questo ha permesso ai ricercatori di avere una stima delle forze che agiscono all’interno del vulcano e di mostrare che queste si accumulano lentamente nel tempo, facendo sì che il vulcano accumuli così stress diventando potenzialmente instabile.
Le caratteristiche geologiche che i ricercatori hanno mappato hanno origine quando delle intrusioni fuse, chiamate dighe, si solidificano per formare una struttura più solida all’interno di quella che altrimenti sarebbe una struttura relativamente debole, composta da strati di lava e cenere.
Il professor Sandy Cruden, della Monash University School of Earth, Atmosphere and Environment e coautore dello studio, ha affermato che “questo è uno dei primi studi ad esaminare gli effetti a lungo termine del movimento del magma all’interno di un vulcano”.
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