Ultimamente il tema della sicurezza ha assunto connotati decisamente importanti nel contesto della telefonia mobile e, più in generale, nel contesto di un mondo tecnologico che punta ad un’interazione always-connect in vista degli adeguamenti da prevedersi con l’introduzione massiva dell’IoT e dell’IoV nel contesto pubblico e privato che già coinvolge protagonisti di calibro internazionale come Google, Amazon e gli operatori di telefonia mobile nazionali e globali impegnati nella realizzazione del moderno ecosistema 5G.
In particolare, ultimamente, è balzata agli oneri della cronaca una notizia che coinvolge noi tutti utenti Android, accomunati dal desiderio di una società che non si cura della nostra privacy ed anzi provvede ad un tracciamento massivo della nostra posizione anche in condizioni solo presumibilmente sfavorevoli.
Di fatto, secondo quanto indicato da un nuovo report, Google può tracciare i nostri spostamenti anche a GPS spento e senza nemmeno prevedere il supporto di rete tramite SIM. Il tutto, ovviamente, avviene sia che si tratti di smartphone che di tablet in modo del tutto indiscriminato e soprattutto trasparente all’utente, ignaro di essere bersaglio di una società che monitora costantemente la nostra posizione.
Come riesce la società a conoscere la nostra posizione in ogni momento anche a GPS OFF e senza SIM dati inserita? Semplice, attraverso i ripetitori ai quali gli smartphone Android si collegano in modalità di connessione WiFi. Il risultato? Un monitoraggio continuo dei nostri spostamenti e della nostra posizione.
Quale sarà mai il motivo per cui Google adotta questo genere di comportamento a carico della propria utenza? Per rispondere a questa domanda prendiamo in considerazione le parole della stessa compagnia, la quale riferisce che il motivo risiede nella possibilità di gestire e veicolare notifiche e messaggi. Ad ogni modo, rimane ancora un mistero il fatto di dover ottemperare praticamente a questa necessità.
Svicolando dalle dichiarazioni della società, viene da pensare che questa si serva di tali sistemi per poter veicolare annunci pubblicitari ad hoc sulla base dei luoghi pubblici e privati eventualmente visitati e frequentati e, dunque, al preciso scopo di trarre indirettamente profitto.
Google, d’altro canto, non ha mai dato atto di voler preservare la privacy dei suoi utenti in ogni sua forma nonostante la disabilitazione delle funzionalità qui indicate. La policy che si accetta in fase di primo accesso agli ecosistemi mobile, di fatto, dice che:
“Quando usi i servizi di Google, noi potremmo raccogliere e processare informazioni riguardo la tua localizzazione. Usiamo diverse tecnologie per determinarla, incluso l’indirizzo IP, il Gps e altri sensori che potrebbero, ad esempio, fornire a Google dati sui dispositivi vicini a te, wifi e ripetitori”
La società si è quindi tutelata in anticipo rispetto alla scoperta che, comunque, lascia aperta la porta ad un importante quesito in relazione al fatto che la compagnia di Mountain View si sia tirata indietro proprio a seguito di questa rivelazione. Azione volontaria o semplice disattenzione? A voi l’ardua sentenza.
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