Sappiamo come l’Italia è fra i Paesi perennemente a rischio di terremoti. Molto spesso la sismologia è stata soggetta di equivoci ed interpretazioni errate. Al giorno d’oggi non è possibile prevedere con precisione l’arrivo di un terremoto, anche se si possono studiare i diversi precursori sismici per prevedere quelli futuri. Negli Stati Uniti, la sismologia continua a far numerosi passi avanti con l’ausilio di nuovi approcci e tecnologie sofisticate con la speranza di poter limitare i danni in seguito a questi eventi.
Nelle scorse ore, l’Università di Stanford ha scoperto che la fibra ottica potrebbe aiutare a rilevare in maniera precisa un terremoto in arrivo. Grazie alla capillarità della fibra, ormai diffusa in buona parte d’Italia, è possibile ottenere una sorta di fotografia dettagliata della situazione.
La nuova tecnica di rilevazione progettata dall’università statunitense esamina proprio le oscillazioni che i cavi in fibra ottica subiscono in caso di terremoto. Biondo Biondi, professore di origine italiana di geofisica, laureato al Politecnico di Milano ma residente a Stanford già da diversi anni, è il guidatore del gruppo che vuole trasformare la fibra ottica in un osservatorio low-cost per osservare e monitorare i terremoti.
In particolare, i ricercatori dell’Università di Stanford hanno sottoposto le oscillazioni sismiche in un circuito di fibra ottica lungo 3 miglia disposto proprio sotto al campus di Stanford. I sismometri sono più sensibili ma molto più diffusi e spesso richiedono dei costi importanti per costruirli e mantenerli intatti, soprattutto in aree urbane.
Ogni metro di fibra ottica può essere utilizzato come un sensore e inoltre il suo costo di installazione e inferiore al dollaro, spiega Biondo Biondi. Il professore di geofisica sostiene che non è possibile attualmente creare una rete di sismometri con le stesse caratteristiche della fibra ottica.
Utilizzando i cavi potrebbe essere possibile analizzare anche i terremoti minori con grande accuratezza e con la possibilità di individuare l’epicentro in maniera più rapida rispetto a quanto si fa adesso.
L’osservatorio di Stanford è riuscito a registrare e a catalogare più di 800 eventi sismici a partire da settembre 2016. Esempi sono il disastroso terremoto avvenuto in Messico a settembre oppure a quelli più leggeri come due con magnitudo 1.6 e 1.8 caratterizzati dalla stessa sorgente ma con onde di ampiezza differenti.
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