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Recensione Banishers: Ghosts of New Eden – un GDR con una forte impronta narrativa

Banishers: Ghosts of New Eden è l’ultima fatica di DON’T NOD, esperto team di sviluppatori che nel corso degli anni è stato in grado di dare i natali a vere e proprie esperienze videoludiche, Life is Strange su tutte, pronto oggi a tuffarsi in una nuova avventura, che ricorda in parte God of War, ma riesce a differenziarsi puntando fortissimo sulla parte narrativa. Scopriamolo meglio da vicino con la nostra recensione completa.

 

Trama

L’intera esperienza è ambientata nel passato, parliamo del 1695, anno nel quale Red e Antea, i due protagonisti, sono formalmente epuratori (li potremmo definire dei cacciatori di fantasmi). Richiamati a New Eden da un loro collega, devono dare pace agli abitanti del piccolo insediamento coloniale, il quale risulta essere colpito da una maledizione molto preoccupante. I cittadini vedono fantasmi sparsi per il paese (e le zone limitrofe) e non riescono a prendere sonno perché colpiti da incubi terrificanti. Una volta giunti in loco, si accorgono che lo stesso Charles è stato preso dal male, e nell’affrontarlo direttamente Antea viene sopraffatta, con Red che finisce disperso nel mare. Dopo giorni di vagabondaggio, viene tratto in salvo da una strega, ma ha solo un obiettivo: tornare a New Eden, uccidere l’incubo e recuperare il corpo di Antea (con il dubbio su cosa fare successivamente). Nel farlo si imbatte nuovamente nella stessa Antea, la sua forma spirituale ovviamente, pronta ad aiutarlo nel compimento della missione.

Il dualismo è insito nella natura di Banishers: Ghosts of New Eden, nel corso dell’intera esperienza veniamo attraversati dalla possibilità di spostarsi da un personaggio all’altro, così da visualizzare aree o spazi differenti (come in Lords of the Fallen), o godere di una prospettiva completamente nuova. Non mancano scelte morali, da compiere al termine di investigazioni nelle case degli abitanti, con l’emissione di una sentenza di vita o di morte. Aspetti che riescono a mettere nelle mani degli utenti le varie ramificazioni, spingendoli a seguire più che altro il proprio istinto.

 

Grafica

Quasi l’intera avventura viene giocata in ambienti rurali o spazi aperti, così da riuscire a ridurre i costi (essendo il budget di DON’T NOD non infinito), ma riuscendo ugualmente ad innalzare il livello qualitativo. Al netto di un’assenza di elementi nelle case e nelle singole baracche, generalmente molto spoglie, le texture sono ben definite con una buona conta poligonale, che porta ad un dettaglio ed una risoluzione complessiva davvero eccellente, anche per la generazione corrente.

A prescindere da ciò va reso onore agli sviluppatori di essere stati in grado di trasmettere una sensazione di inquietudine costante con l’ambientazione, riuscendo ad integrarla alla perfezione nella narrazione e nell’ottima colonna sonora. Nella nostra prova su PS5, inoltre, non abbiamo mai notato cali di frame rate, forte segnale dell’eccellente ottimizzazione che gli stessi sviluppatori sono stati in grado di infondere al titolo sin dal day one.

 

Meccanica di gioco e Gameplay

L’organizzazione dello spazio di gioco ricorda in parte God of War, parliamo quindi di una mappa molto ampia, collegata con piccole aree a cui l’utente può accedere di volta in volta con la progressione del personaggio, e nelle quali si trovano sezioni inizialmente inaccessibili (da vivere in un secondo momento con il backtracking). L’esplorazione rappresenta uno degli aspetti fondamentali del gameplay, ci siamo spesso ritrovati a scoprire ogni singolo anfratto delle varie aree, alla ricerca di spazi nascosti dove potersi insinuare, per trovare piccoli potenziamenti, oggetti per i miglioramenti e simili. Si ha sempre la sensazione di voler tornare sui propri passi per scoprire un nuovo segreto, il tutto facilitato indubbiamente dalla presenza di comodi falò che permettono di spostarsi rapidamente tra le varie sezioni.

Presso gli stessi falò è possibile recuperare le forze, ricaricare i decotti curativi o livellare il personaggio, sono ottimi punti di salvataggio, ma non sono gli unici. Un sistema che porta ad una longevità di circa 30 ore, esteso al dualismo nel combattimento. Red potrà combattere con le lame ed un’arma da fuoco, mentre Antea si affida alle proprie mani (con poteri che si possono sbloccare in corso d’opera), creando una sinergia eccellente tra i due personaggi, pronta ad aprire le porte a tantissimi approcci. Lo stesso Banishers: Ghosts of New Eden nasconde anche un’anima GDR, la quale offre all’utente la possibilità di scegliere l’equipaggiamento del personaggio stesso, sviluppando l’albero delle abilità in una o nell’altra direzione.

 

Banishers: Ghosts of New Eden – conclusioni

In conclusione Banishers: Ghosts of New Eden è un titolo che deve assolutamente essere presente nella vostra libreria multimediale, una vera e propria esperienza che riesce a distinguersi dalla massa con una ambientazione unica nel suo genere, non tanto nell’originalità, quanto nella capacità di creare una armonia ed offrire una sensazione che solamente pochi giochi sono stati in grado di offrire. Eccellente l’esplorazione, che spinge forte sul backtracking, con nemici vari e capaci di raggiungere la massima levatura con i boss, enormi e dotati di moveset unici. Se stavate cercando un titolo coinvolgente, intriso di scelte morali che spingeranno verso l’una o l’altra strada, con un gameplay che sfrutta alla perfezione la sinergia tra i due personaggi, potendosi così spostare tra due mondi ed abilità differenti, allora Banishers: Ghosts of New Eden fa sicuramente al caso vostro.

Denis Dosi

Appassionato di tecnologia e di scrittura sin dalla tenera età, mi laureo in Ingegneria Informatica presso il Politecnico di Milano nel 2016. Ora lavoro con Focustech riuscendo a combinare le mie due più grandi passioni.

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