Blue Reflection: Second Light riporta le ragazze di Gust nel Faraday, nel mondo a sé stante, lontano da tutto e da tutti, nel quale dovranno combattere demoni, cercando un modo per tornare dalle proprie amate famiglie. Un titolo da considerarsi come un discreto ibrido tra un gioco di ruolo ed un anime, disponibile per tutte le console (nessuna versione next-gen) ad un prezzo che si aggira attorno ai 40/50 euro.
Nel corso dell’avventura si impersonerà la figura di Ao, una giovane ragazza che un giorno si ritrova catapultata in una realtà alternativa, o meglio in un mondo completamente sconosciuto, incentrato su un edificio scolastico, circondato dal nulla più assoluto, un ambiente ostile, chiamato Faraday, abitato da mostri e demoni contro i quali sarà necessario combattere.
A fianco del personaggio principale trovano posto un team di ragazze (nel classico stile di anime giapponesi, con tanto di gonnellina corta e possibilità di acquistare nuovo vestiario), con una forte caratterizzazione e differenze importanti nel modo di agire e di pensare. Il loro obiettivo sarà di esplorare il più possibile il Faraday, per cercare di trovare un modo per riuscire a tornare a casa una volta per tutte, in quanto inizialmente non ricorderanno praticamente nulla del proprio passato; spetterà ad Ao, e ad una serie di flashback ben congeniati, cancellare la nebbia che avvolge i ricordi ed aiutarle nell’obiettivo ultimo della loro avventura.
La trama riparte da quanto si era visto con il precedente episodio, senza però richiedere all’utente l’aver giocato con lo stesso. I personaggi spiegheranno con alcuni flashback cosa è accaduto in passato, per poi prendere la tangente ed andare verso lidi inesplorati. La narrazione è complessivamente buona, il titolo è localizzato solo in lingua inglese (con parlato in giapponese), ma le espressioni utilizzate ripercorrono molto lo “scolastico”, di conseguenza non viene richiesta una conoscenza così approfondita. I dialoghi in sé sono abbastanza banali, in alcune occasioni fin troppo prolissi, sebbene comunque riescano a mettere in risalto i caratteri dei vari personaggi. Il ritmo narrativo è purtroppo molto lento, la trama è intrigante, misteriosa e ben costruita, riteniamo inutili le scene di intermezzo che testimoniano la vita quotidiana nella scuola, come i dialoghi per conoscersi meglio, le fasi in cui fanno i compiti o studiano, e simili.
Blue Reflection: Second Light non è disponibile in versioni speciali per la next-gen, se siete in possesso di una PS5 o di una Xbox Series X dovrete “accontentarvi” delle release per la precedente generazione, ed è una limitazione importante, sopratutto per un titolo dal costo che si avvicina e supera i 50 euro. La risoluzione in sé non è troppo elevata, sebbene comunque la differenza si noti meno grazie al suo stile anime/manga giapponese.
I colori sono molto accesi con un buon dettaglio ed una nitidezza complessivamente sufficiente, lo stile non è adatto a tutti ed assolutamente deve piacere. Molto buona la definizione degli oggetti che fanno da contorno alla visuale, come ad esempio ciò che si trova all’interno della scuola, con ambientazioni nel Faraday molto simili tra loro. Tutte saranno accomunate da uno stato di abbandono, ed il perfetto mix di una campagna giapponese con costruzioni rurali, mostrando difatti una monotonia da non trascurare.
Gli scontri sono gestiti con una telecamera fissa, non sempre precisissima, spesso perde il collegamento con il personaggio che sta effettuando l’attacco, creando un’eccessiva ed inattesa confusione generale (con zoom e variazioni nell’inquadratura insensate). La colonna sonora è composta da una serie di suoni, non tanto di brani veri e propri, continuamente ripetuti, i quali alla lunga annoiano e potrebbero dare fastidio.
Tecnicamente il gioco è un JRPG, più semplicemente definito un gioco di ruolo in stile giapponese, presentando difatti tutte le peculiarità che caratterizzano esperienze di questo tipo. Il livello di difficoltà generale tende molto verso il basso, a tutti gli effetti gli scontri con i demoni non richiedono doti particolari o una grande abilità, come anche le fasi dell’esplorazione in sè.
Ogni personaggio ha un’ottima caratterizzazione con un livello di progressione notevole e veramente ben fatto. La crescita avverrà completando gli scontri, oppure cercando di soddisfare le richieste secondarie delle compagne di viaggio. Di base ognuna ha una propria abilità distintiva, da coltivare e potenziare, sia con il passaggio di livello in livello, che tramite l’utilizzo di potenziamenti veri e propri.
Il crafting gioca un ruolo fondamentale in Blue Reflection: Second Light, nel corso dell’esplorazione del Faraday, sarà importante raccogliere più materiali possibili, da consegnare in un secondo momento all’unico personaggio che non prenderà parte ai combattimenti, il quale creerà oggetti per il sostentamento (ad esempio per ripristinare la vita), potenziamenti perenni o temporanei da utilizzare solo in combattimento.
La meccanica di gioco si divide quindi in due parti: esplorazione e combattimento nel Faraday, relax e potenziamenti nella scuola. Quest’ultima richiederà un lavoro intenso per ricreare gli ambienti, sfruttando sempre il crafting e la creazione ad esempio di banchi di scuola, sdraio, tavolini e panche per i compiti, ma non solo; a prima vista appaiono come azioni inutili (e non sono essenziali al prosieguo della storia), però possono potenziare i personaggi, introdurre nuovi componenti aggiuntivi, vestiario e animazioni particolari.
La meccanica di combattimento di Blue Reflection: Second Light è a turni, all’inizio dello scontro con il demone, viene assegnato un Grado al personaggio, che sarà collegato a quanti attacchi potrà effettuare ogni volta, e la velocità di ricarica degli stessi. Il tempo servirà per caricare il cosiddetto Etere, una parola per definire i punti necessari per lanciare un attacco (o anche di più). La caratterizzazione prevede che i vari personaggi dispongano di mosse differenti tra loro, ed allo stesso tempo che consumino un quantitativo altrettanto differente di Etere. Al termine di ogni attacco, il Grado viene migliorato, sino al raggiungimento del Grado 3, nel quale verrà attivata una animazione (con cambio d’abito) che porterà il personaggio a trasformarsi in una vera Reflector. La potenza sarà ora incrementata, riuscendo a danneggiare in maniera più approfondita tutti i nemici.
La varietà delle ragazze, con il prosieguo se ne sbloccano sempre di più, porta ad ampliare il più possibile le combinazioni e le mosse a disposizione, garantendo all’utente un approccio sempre differente e perlopiù legato al proprio stile di gioco (ne troveremo che curano le altre, che regalano turni, che difendono riducendo il numero di danni subiti e così via).
All’interno del Faraday saltuariamente si incroceranno dei boss, i quali alzano leggermente il grado di sfida, ma non troppo. Esteticamente i nemici sono tutti simili, non presentano una grande varietà anche nel loro comportamento, continueranno ad attaccare senza variare particolarmente nelle mosse o nelle azioni. Un limite di Blue Reflection: Second Light è proprio questo, a fianco del livello di sfida ridotto, troviamo proprio una certa monotonia di fondo.
Le novità che mischiano le carte in tavola sono due: gli scontri 1v1 e la modalità stealth. Nel primo caso, raramente sarà possibile sfidare singolarmente il nemico, non in team come al solito, dando origine ad un combattimento come in Ghost of Tsushima. Non sempre però è necessario scontrarsi con i nemici, è stata infatti introdotta la modalità stealth, da utilizzare sia per attaccarli senza che se ne accorgano, ma sopratutto per evitarli e passare inosservati.
In conclusione Blue Reflection: Second Light è davvero un ottimo JRPG da consigliare a tutti gli amanti del genere, dotato di una grandissima varietà in termini di mosse, di crafting, di potenziamenti e di team di personaggi da controllare negli scontri. Le potenzialità sono tutte arroccate in questi fattori, che in genere contraddistinguono proprio i titoli dello stesso tipo.
Dall’altro lato della medaglia sentiamo molto la mancanza della localizzazione (anche solo per i sottotitoli) della lingua italiana, nonché un ritmo di gioco da rivedere, sono troppe le fasi morte in cui gli sviluppatori hanno puntato molto sul dialogo, rischiano di annoiare e basta.
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