Project Zero: Maiden of Black Water è la versione rimasterizzata dell’ultimo capitolo di una delle serie più evocative dello scorso ventennio, che cerca di dare una risposta, applicandola nel mondo videoludico, ad una domanda che da sempre attanaglia l’animo umano: “Possono le fotocamere catturare istantanee in cui si vedono gli spiriti?”.
Tutta l’avventura è ambientata in Giappone, più precisamente sul Monte Hikami e la cosiddetta foresta dei suicidi. Quanto si apprende nell’avventura è interamente ispirato a fatti realmente accaduti, un tema purtroppo che sta molto a cuore al popolo nipponico, condizionato all’inverosimile da accadimenti di questo tipo. Nel gioco tutte le persone che si avventurano sulla montagna vengono possedute da spiriti malevoli che le spingono al suicidio, l’utente impersonerà 3 personaggi differenti, sebbene il principale sia Yuri Kozukata.
Una ragazza con una dote innata, ha la capacità di percepire le suddette presenze, senza strumenti; tormentata da un passato difficile, nel quale la stessa aveva provato a togliersi la vita, ma era stata “salvata” da Hisoka, il suo compito sarà quello di addentrarsi nelle viscere della montagna per cercare di salvare le anime delle persone, fare luce su cosa sta accadendo, cercando di sconfiggere lo spirito che sembra tessere le fila della vicenda (sopratutto in seguito alla scomparsa della stessa Hisoka).
L’esplorazione non sarà in solitaria, Yuri porterà con sé la Camera Obscura, uno strumento scovato da Hisoka, proprietaria di un negozio d’antiquariato, che permette di “colpire” i fantasmi, spingendoli ad abbandonare una volta per tutte la nostra dimensione.
Per variare il più possibile nei filoni della storia, gli sviluppatori hanno aggiunto anche altri 2 personaggi da controllare, intervallati alla suddetta Yuri, quali sono Miu Hinasaki, una ragazzina, ed il più importante Ren Hojo, uno scrittore che ha ricevuto un album fotografico molto particolare, il quale è intento a studiare tutte le leggende popolari.
La narrazione è molto buona, viene appoggiata da una infinità di documenti sparsi per ogni luogo visitato, i quali permettono di approfondire nel miglior modo le varie tematiche, sebbene a volte appaiano ridondanti. Sfortunatamente non è localizzato in lingua italiana, sia nel parlato che nello scritto.
Come tutte le remastered, basti pensare a Crysis, il punto forte del titolo dovrebbe essere un miglioramento grafico importante, rispetto alla versione originale del 2015, pubblicata lo ricordiamo su Wii U. Il risultato finale di Project Zero: Maiden of Black Water non convince appieno, soprattutto nelle ambientazioni e nella definizione degli ambienti.
Sebbene il titolo sia stato adattato per PS5 e Xbox Series X, quindi con un frame rate a 60fps, sentiamo davvero la mancanza di una migliore definizione dei singoli oggetti, ed una nitidezza più vicina agli standard odierni. Le inquadrature appaiono essere troppo buie, ed in alcuni casi rumorose, creando una sensazione di “sporco” non sempre bello da vedere.
Discorso diverso per i personaggi, l’upgrade degli sviluppatori è notevole, molto buoni i modelli poligonali, le texture e l’incremento di definizione si nota tantissimo, segnando uno stacco importante appunto con l’ambiente circostante (forse troppo). Apprezzata la gestione dei punti luce, grazie al supporto dell’HDR il fascio di una torcia o di una candela, sono davvero bellissimi da vedere. Ciò che lascia leggermente l’amaro in bocca riguarda le movenze di Yuri, troppo retrò e sicuramente da migliorare.
La colonna sonora è pressoché inesistente, sebbene gli sviluppatori siano stati perfettamente in grado di integrare effetti sonori, con urla o suoni spaventosi, che possano mantenere elevato il livello di tensione, in linea con un’esperienza di questo tipo.
Project Zero: Maiden of Black Water può essere identificato come survival horror, ovvero un gioco in cui il personaggio non dispone di armi particolari per combattere il nemico, ed il suo unico obiettivo sarà quello di sopravvivere. A differenza di altri titoli dello stesso tipo, le componenti horror e di paura si fanno decisamente meno sentire, sarà più che altro una esplorazione ed una “guerra” contro gli spettri.
Il personaggio dovrà essere spostato in una mappa relativamente ampia, suddivisa in tre parti, in relazione a chi si sta controllando, con percorsi pre-impostati. All’interno della stessa si potranno raccogliere collezionabili (tra cui una collezione di immagini di spettri/fantasmi), rullini per la macchina fotografica, o oggetti per ripristinare la salute, limitando al massimo il backtracking. Le ambientazioni, se non per il negozio d’antiquariato, sono tutte simili tra loro, poiché sono legate al monte (e alla corrispettiva foresta).
Nel corso dell’esplorazione si incontreranno gli spettri, i quali cercheranno di bloccarci la mano mentre stiamo raccogliendo un oggetto, oppure di attaccarci per ucciderci. Qui entra in gioco la camera obscura, l’unico strumento in grado di danneggiarli. Il sistema di combattimento sfrutta il giroscopio del controller, ovvero l’inquadratura potrà essere ruotata spostando lo stesso, oppure si possono utilizzare i soliti pad. Ogni volta che lo spirito viene colpito, si dividerà in più entità, andando ad accumulare energia nella camera, fino al “colpo finale”, il cosiddetto Fatal Frame.
Buona la progressione dello strumento, al termine di ogni missione, sarà possibile potenziarlo, sfruttando i punti guadagnati di volta in volta, utilizzando anche pellicole dalla potenza, o dai tempi di carica differenti. Un’ottima varietà che permette di espandere il più possibile il gameplay. Non mancano, infine, gli enigmi, sfruttando sempre la camera obscura si potranno aprire porte (inclinando l’inquadratura), portare alla luce oggetti e simili, con un discreto grado di difficoltà complessivo.
In conclusione Project Zero: Maiden of Black Water è una buona rimasterizzazione di un titolo molto amato, che però non riesce a convincere al 100% sotto alcuni aspetti. Ottimi i miglioramenti grafici dei personaggi (di cui ricordiamo è possibile anche acquistare cambi d’abito), il coinvolgimento di un ambiente che incute un senso di paura anche nell’utente più coraggioso, e la progressione di uno strumento, la Camera Obscura, utilizzato praticamente per tutto.
Dall’altro lato della medaglia troviamo carenze importanti da un punto di vista grafico e di dettaglio, il livello di difficoltà non è troppo elevato, in quanto è facilissimo trovare le pozioni per ripristinare la salute, e comunque il sistema di combattimento è più valorizzato con una Nintendo Switch, piuttosto che con le console di nuova generazione.
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