Lo abbiamo atteso per moltissimi anni, e finalmente è tornato, Return to Monkey Island segna il ritorno dell’autore Ron Gilbert su una delle serie più iconiche degli anni ’90, oggi disponibile solamente per Nintendo Switch. Cosa ci ha permesso di definirlo a tutti gli effetti un capolavoro? scopriamolo assieme nella recensione.
Il comparto narrativo rimane focalizzato su Guybrush Threepwood, l’intrepido personaggio che torna sulla scena per scoprire, finalmente oseremmo dire, il segreto di Monkey Island. Tutto ha inizio a Melée Island, dover il protagonista si reca per cercare il giusto equipaggio per la spedizione, ma che allo stesso tempo si ritrova costretto a mettere in atto un escamotage inedito: farsi assumere dal acerrimo rivale (e nemico) LeChuck, per intraprendere un viaggio ricco di puzzle e di segreti.
Se non avete mai conosciuti i titoli precedenti (gravissimo), gli sviluppatori hanno pensato anche a voi, il tutorial iniziale si concentra sul figlio di Guybrush, tramite il quale è possibile prendere confidenza con i comandi, ed ascoltare brevi racconti della storia passata. Discorso simile nell’esperienza di gioco vera e proprio, dove lo stesso Guybrush si ritroverà a “dialogare” con il passato, raccontando eventi che lo hanno coinvolto, ed ai quali piacerebbe tornare (ma non è possibile).
Uno spaccato della vita del personaggio, ancorato alle ossessioni del passato, ma circondato da altri NPC che hanno fatto le proprie scelte, decidendo inevitabilmente di andare oltre. Return to Monkey Island non è solo un gioco, è un viaggio introspettivo, un’avventura grafica che pone una riflessione sul ruolo del giocatore, e non solo. Proprio per questo è una meraviglia.
Dal pixel art visto con i capitoli originali, gli sviluppatori hanno giustamente pensato di passare ad una forma più moderna, ma allo stesso tempo unica nel proprio genere, il giusto mix tra ciò che ha stupito ed entusiasmato in passato, con un pizzico di salsa degli anni 2000.
I disegni sono spigolosi, in alcune occasioni addirittura caricaturali, ma è proprio questo il tratto distintivo della serie Monkey Island, il voler portare sul volto di ogni giocatore anche quel sorriso che non ti aspetti da un titolo di questo genere. La scelta di uno stile grafico di questo tipo è d’impatto, inizialmente potrebbe essere uno shock, ma con il passare dei minuti e delle ore di gioco, lo si apprezza sempre di più.
I colori sono bellissimi, non mancano i dettagli e la precisione generale, con un motore grafico, di Nintendo Switch, perfettamente in grado di riprodurre fedelmente le scene, senza perdite di frame rate o simili. Un plauso va fatto anche per la colonna sonora, la scelta di non abbandonare i brani del passato, ma di riadattarli al 2022, paga e non poco.
Tecnicamente il titolo è un punta e clicca, con interfacce e meccaniche invariate rispetto a quanto già visto con i capitoli precedenti. Nella schermata è possibile selezionare gli oggetti con cui interagire, attivare dialoghi a risposta multipla, oppure posizionare gli stessi oggetti nell’inventario. Per la risoluzione degli enigmi dovranno essere esaminati correttamente, e spesso combinati tra loro; data l’elevata mole di dialoghi, tra le cose abbiamo apprezzato sicuramente la possibilità di rileggere le ultime battute, in modo da assimilare dettagli che ci potrebbero essere sfuggiti.
L’intera esperienza ruota attorno alla risoluzione di puzzle ed enigmi, la longevità del titolo non è lunghissima, si completa in circa 9-10 ore, ed il livello di difficoltà è sufficiente per spingerci a spremere le meningi, senza però esagerare. L’estrosità dei capitoli originari è in parte abbandonata, gli enigmi attuati sono molto più fedeli alla realtà, tranne che in alcuni casi. Tutto accompagnato dalla solita ironia e profondi riferimenti al presente, come l’importanza dei social network, o la consueta diffidenza del popolo verso le istituzioni o simili.
In conclusione Return to Monkey Island è la perla che stavamo aspettando, il titolo che ci permette di compiere un salto a piè pari nei giochi della giovinezza (per alcuni di noi), adattandosi però alla modernità. In un insieme di satira e battute, si nasconde una riflessione profondissima, che vuole offrire uno spaccato della vita di tutti i giorni, e sul quale noi tutti dovremmo riflettere. Il gioco gode della maturità artistica di Gilbert, trasmessa anche nella mentalità del personaggio e dei suoi soci, i quali dovranno superare molti enigmi (alcuni fin troppo ripetuti) per porre la parola “fine” all’avventura iniziata quasi 30 anni fa.
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