Età biologica e rischio di demenza: un legame più forte di quanto pensiamo

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Negli ultimi anni, la scienza ha iniziato a distinguere sempre più chiaramente tra età cronologica ed età biologica. La prima è quella che leggiamo sul documento d’identità, mentre la seconda riflette lo stato reale di salute e invecchiamento del nostro corpo. Oggi, un nuovo studio solleva una domanda fondamentale: potrebbe essere proprio l’età biologica a predire con maggiore precisione il rischio di sviluppare la demenza?

Un gruppo di ricercatori internazionali ha analizzato i dati genetici e clinici di migliaia di individui, scoprendo che chi presenta un’età biologica significativamente più alta rispetto alla propria età anagrafica ha un rischio maggiore di incorrere in malattie neurodegenerative. In altre parole, non è solo l’età che conta, ma quanto “vecchio” è il nostro organismo a livello cellulare.

Età biologica e demenza: il nuovo indicatore che potrebbe salvare la memoria

L’età biologica si misura attraverso una serie di indicatori chiamati “orologi biologici”, che includono parametri come l’integrità del DNA, il livello di infiammazione cronica, la funzionalità metabolica e persino l’epigenetica. Questi fattori possono rivelare se una persona sta invecchiando più rapidamente del normale, molto prima che compaiano i sintomi clinici.

Uno degli strumenti più promettenti è l’orologio epigenetico, basato sulle modifiche chimiche del DNA che avvengono con l’età. Alcuni studi mostrano che chi ha un’età epigenetica superiore rispetto a quella anagrafica presenta un rischio aumentato di Alzheimer e altre forme di demenza. Questo potrebbe aprire la strada a interventi preventivi molto prima che il danno cerebrale diventi irreversibile.

Le implicazioni sono enormi: se possiamo misurare l’età biologica con precisione, potremmo identificare soggetti a rischio quando sono ancora cognitivamente sani, permettendo di intervenire con modifiche dello stile di vita o terapie mirate. La prevenzione potrebbe quindi iniziare decenni prima rispetto all’attuale prassi clinica.

La prevenzione può diventare più personalizzata e proattiva

Non meno importante è il fatto che l’età biologica è, almeno in parte, modificabile. Alimentazione equilibrata, esercizio fisico regolare, sonno di qualità e gestione dello stress sono tutti fattori che possono rallentare l’invecchiamento biologico e, potenzialmente, ridurre il rischio di demenza.

Naturalmente, la ricerca è ancora in corso e ci vorranno ulteriori studi per definire protocolli clinici basati su questi biomarcatori. Tuttavia, l’interesse della comunità scientifica cresce, e con esso anche l’idea che la prevenzione debba diventare più personalizzata e proattiva.

In un’epoca in cui la longevità è in continuo aumento, comprendere la vera età del nostro cervello potrebbe essere la chiave per vivere non solo più a lungo, ma anche meglio. E la demenza, da nemico silenzioso e devastante, potrebbe diventare una malattia sempre più rara.

Immagine da Pixabay

Marco Inchingoli
Marco Inchingoli
Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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