Il morbo di Alzheimer è ancora una di quelle malattie misteriose anche solo per il fatto che non si conoscono esattamente tutti i meccanismi che ne portano all’insorgenza. Di ipotesi ce ne sono molto, scoperte soprattutto negli ultimi. L’ultima riguarda i disturbi del sonno e nello specifico il fatto che lo scarso sonno è in grado di accelerare la comparsa e il peggioramento dei sintomi.
L’analisi di laboratorio precedenti hanno visto un aumento delle fluttuazioni giornaliere dei livelli di beta-amiloide del liquido cerebrospinale. Il nuovo studio ha preso in esame delle cellule specifiche, i macrofagi. Il lavoro di quest’ultimo è risultato instabile proprio nelle persone affette dal morbo. Il loro compito è di fatto quello di fare pulizie dei livelli di beta-amiloide.
Le parole dei ricercatori: “Questi dati evidenziano che la regolazione circadiana nelle cellule immunitarie può svolgere un ruolo nell’intricata relazione tra l’orologio circadiano e il morbo di Alzheimer. Sebbene il targeting di Aβ come strategia terapeutica abbia avuto un successo limitato, l’accumulo di Aβ è ancora considerato un passaggio cruciale nella patogenesi della malattie di Alzheimer. Per quanto riguarda la natura dell’interruzione circadiana, c’è ancora molto da capire.”
Una nuova strada è stata assegnata. Se per i non addetti ai lavori tale scoperta non dice molto, permette ai ricercatori di concentrarsi meglio su altri aspetti legati ovviamente alla malattia di Alzheimer. La speranza è quella di trovare trattamenti mirati sempre più efficaci per ritardare o mitigare l’insorgenza dei sintomi. Evitarla del tutto al momento è utopia.
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