Per la prima volta al mondo un team di scienziati ha registrato i livelli di ossigeno nel sangue nell’ippocampo e ha fornito prove sperimentali sul perché la memoria sia vulnerabile ai danni e alla degenerazione della malattia, diventando il sintomo precoce dell’Alzheimer. Per capire perché questa regione è cosi sensibile il team ha studiato l’attività cerebrale e i flusso sanguigno nei topi.
Hanno quindi utilizzato simulazioni per prevedere che la quantità di ossigeno fornita ai neuroni dell’ippocampo più lontani dai vasi sanguigni è appena sufficiente per consentire alle cellule di continuare a funzionare normalmente. Questi risultati sono un passo importante nella ricerca di misure preventive e trattamenti per l’Alzheimer, perché suggeriscono che l’aumento del flusso sanguigno nell’ippocampo potrebbe essere davvero efficace nel prevenire il danno.
Se è giusto che l’aumento del flusso sanguigno nell’ippocampo sia importante per proteggere il cervello da malattie come l’Alzheimer, allora darà ulteriore peso all’importanza dell’esercizio regolare e di una dieta a basso contenuto di colesterolo per la salute del cervello a lungo termine. L’ippocampo sembra esistere in uno spartiacque. Va tutto bene fin quando c’è qualcosa che non va e si vengono a ridurre i livelli di ossigeno nell’ippocampo, impedendo ai neuroni di funzionare.
Questo è probabilmente il motivo per cui la malattia di Alzheimer causa prima problemi di memoria, perché la diminuzione precoce del flusso sanguigno impedisce all’ippocampo di funzionare correttamente. Questo perché il cervello ha bisogno di un flusso sanguigno sufficiente per fornire energia, sotto forma di ossigeno e glucosio, in modo che le cellule cerebrali possano funzionare correttamente e perché il flusso sanguigno può eliminare i prodotti di scarto come le proteine beta amiloidi che si accumulano nell’Alzheimer.
Gli scienziati hanno anche scoperto che i vasi sanguigni nell’ippocampo contenevano meno trascritti di mRNA per le proteine che modellano la dilatazione dei vasi sanguigni. Inoltre, le cellule che dilatano i piccoli vasi sanguigni, chiamate periciti, avevano una forma diversa nell’ippocampo rispetto alla corteccia visiva. Ciò porta a pensare che i vasi sanguigni nell’ippocampo siano meno in grado di dilatarsi.
Foto di Gerd Altmann da Pixabay
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