Foto di Krista Mangulsone su Unsplash
Anche se per qualcuno lo sono, raramente gli animali domestici vengono visti come un ricettacolo di malattie e anzi, spesso in passato erano visti anche come un modo per migliorare il sistema immunitario. Di base però il principio è lo stesso ovvero che possono aiutare a trasmettere virus e batteri. Secondo un nuovo studio, con l’avvento del cambiamento climatico, possono di fatto diventare un vero pericolo per la salute di tutti noi.
Quando si parla di germi zoonotici, quelli che passano dagli animali all’uomo, gli effetti del clima e l’urbanizzazione selvaggia possono portare a delle dinamiche diverse di contagio. In reale i nostri fidati compagni sono nella maggior parte dei casi un tramite alla cui origine vede soprattutto i randagi.
Un esempio concreto è la peste. Nonostante si creda che i topi siano i principali vettori, i pericolo è più associato alle pulci e quindi anche ai gatti. Il virus, Yersina pestis, nel momento in cui incontro animali domestici e randagi non trattati completamente inizia a diventare più resistente e più contagioso. Un’altra malattia che sta tornando in questo contesto è la lebbra oltre che malattia viste per la prima volta in certi tipi di animali, come la malaria in alcuni gatti in Polonia.
Le parole di Amandine Gamble, ecologista delle malattie: “Questi animali possono svolgere un ruolo critico nello spillover zoonotico consentendo il mantenimento di un agente patogeno zoonotico, facilitando la sua diffusione spaziale, fungendo da ponte tra specie altrimenti non collegate o fornendo particolari opportunità per la sua evoluzione. È fondamentale implementare programmi di sorveglianza che ci consentano di monitorare i cambiamenti nelle dinamiche dei patogeni”, concludono i ricercatori, aggiungendo che “le popolazioni selvatiche non dovrebbero essere trascurate rispetto alle popolazioni di animali domestici.”
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