Nonostante le numerose ricerche archeologiche, la migrazione umana nelle Americhe non è nient’altro che risolta. In un nuovo studio sugli affioramenti nel Parco Nazionale di White Sands sono state rilevate numerose impronte umane antiche conosciute finora, risalenti a circa 23.000 anni fa. Questi reperti affermano la presenza dell’uomo nel Nord America per circa due millenni durante l’ultimo Massimo Glaciale a sud della barriera migratoria.
Questa tempistica ha coinciso con un evento burrascoso del riscaldamento dell’emisfero settentrionale che ha abbassato i livelli del lago e hanno permesso agli umani e alla megafauna di camminare su terreni appena esposti, creando tracce che sono state preservate nel tempo.
Le impronte umane fossilizzate sono state sepolte in più strati di terreno di gesso su una grande playa nel Parco Nazionale di White Sands. I semi incastonati nelle impronte sono stati datati al radiocarbonio e analizzati dall’US Geological Survey per capire quanti anni avessero. Questo parco nazionale contiene la più grande collezione mai conosciuta di fossili del Pleistocene, ossia l’era glaciale, nel mondo.
Inoltre i ricercatori hanno trovato tracce di mammut colombiano, gatto dai denti a sciabola e altri animali del periodo dell’era glaciale. I risultati potrebbero far luce su un quesito che ha tenuto gli scienziati ben allerta: Quando le persone hanno raggiunto l’America dopo essersi allontanate dall’Africa e l’Asia? Secondo la maggior parte di loro la migrazione sia avvenuta tramite un ponte di terra ora sommerso che collegava l’Asia all’Alaska.
Sulla base di varie prove, tra cui strumenti di pietra, ossa fossili e analisi genetiche, altri ricercatori hanno fornito una serie di possibili date per l’arrivo umano nelle Americhe, da 13.000 a 26.000 anni fa. Il recente studio ha una base più solida. Sulla base delle dimensioni delle impronte, i ricercatori ritengono che almeno alcune siano state fatte da bambini e adolescenti vissuti durante l’ultima era glaciale.
Foto di PublicDomainPictures da Pixabay
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