Fin dal primo avvistamento, avvenuto da parte di alcuni esploratori nel 1600, si è sempre pensato che gli europei siano stati i primi a mettere piede sulle Isole Falkland. Tuttavia un nuovo studio, condotto dall’Università del Maine, suggerisce il contrario: l’attività umana presente sulle isole risale molto prima l’arrivo degli europei. Questa risulta essere la prima indagine scientifica sulla presenza umana preistorica sull’arcipelago dell’Atlantico meridionale.
Il team di ricercatori hanno raccolto ossa di animali e tracce di carbone esaminandole alla ricerca di attività umana attraverso la datazione del radiocarbonio. Un segno notevole dell’attività umana pre-europea deriva da un record di carbone di 8.000 anni raccolto da una colonna di torba a New Island, situata nel confine sud-occidentale del territorio.
Lo studio ha mostrato segni di un aumento delle attività degli incendi nel 150 d.C., poi picchi improvvisi e significativi nel 1410 d.C. e nel 1770 d.C., l’ultimo dei quali corrisponde all’insediamento europeo iniziale. Durante la ricerca gli esperti hanno trovato anche piccoli campioni di leoni marini e pinguini, vicino al sito dove un proprietario terriero ha scoperto un punto di proiettile di pietra che è coerente con la tecnologia che i sudamericani indigeni hanno usato negli ultimi 1.000 anni.
Le ossa erano state sistemate tutte in una pila in un unico sito. Proprio questo spiega che i tumuli sono stati assemblati da esseri umani. La maggior parte delle prove indicano che gli indigeni sudamericani probabilmente si recarono alle Isole Falkland tra il 1275 d.C. e il 1420 d.C. Tuttavia non sono da escludere anche le date precedenti in quanto ci sono prove ancora più antiche. Indipendentemente da ciò, tutti i risultati del team indicano che le persone sono sbarcate nell’arcipelago prima del navigatore britannico John Strong nel 1690, il primo europeo a mettere piede nell’arcipelago.
Secondo i ricercatori le popolazioni indigene potrebbero aver visitato le isole per brevi tempi. Di conseguenza hanno lasciato poche prove del loro passaggio, tanto quanto basta per permettere ai ricercatori di trovare un’impronta antropogenica e paleoecologica. Questi risultati ampliano la nostra comprensione del movimento e dell’attività indigena nel remoto e aspro Oceano Atlantico meridionale. Ciò apre nuove porte alla collaborazione con le comunità indigene discendenti per aumentare la nostra comprensione dei cambiamenti ecologici passati in tutta la regione.
Lo studio si è focalizzato principalmente sulla ricerca di una specie estinta di volpe, l’unico mammifero nativo e terrestre a risiedere sulle Isole Falkland al momento dell’arrivo dell’Europa. Per anni alcuni studiosi hanno discusso delle origini di questa specie e di come sia arrivata sulle isole.
Gli umani possano aver introdotto la specie nell’arcipelago prima dell’insediamento europeo. Molti in precedenza avevano respinto la teoria sulla base di una precedente mancanza di prove scientifiche, ma le ultime scoperte riaprono questa possibilità. Durante una spedizione del 2018 i ricercatori hanno trovato alcuni campioni di ossa di questa specie e attraverso le analisi hanno suggerito che faceva una dieta a base marina simile a quella degli indigeni in epoca preistorica.
Sappiamo che gli indigeni sudamericani hanno addomesticato le volpi, ma questo studio aiuta a mostrare quanto questi animali fossero potenzialmente importanti per quelle comunità che risalgono a migliaia di anni fa. Si sta solo iniziando a ricostruire il ruolo svolto dalle persone nelle Falkland prima dell’insediamento europeo. A causa di secoli di colonialismo sulla terraferma, molte delle conoscenze orali su questo periodo sono andate perdute.
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