Credit: National Geographic
L’università di Stanford in California ha condotto un interessante studio sul cuore delle balene. L’organo pulsante di questi cetacei è elastico e capace di spingersi al limite ed ora possiamo vedere in un video, pubblicato dall’università californiana.
Lo studio è stato condotto da un team guidato da Jeremy Goldbogen e pubblicato sulla rivista Pnas, dell’Accademia delle Scienze degli Stati Uniti. Come oggetto dello studio vi sono le balenottere azzurre.
Le balene azzurre (Balenoptera musculus) sono dei cetacei appartenenti al sottordine dei Misticeti, ovvero quello a cui appartengono le balene che posseggono i fanoni (delle lamine presenti nella bocca che sostituiscono i denti, usati come filtro per espellere l’acqua dalla bocca trattenendo il cibo.
Hanno un corpo lungo e slanciato di colorazione grigio-bluastra sul dorso e più chiara sulla parte ventrale. Questi animali erano una volta numerosi in quasi tutti gli oceani, ma la caccia alle balene le ha ridotte quasi all’estinzione, finendo nella lista delle specie protette già nel 1966. Attualmente ne rimangono popolazioni di circa 2000 esemplari concentrate maggiormente nel Pacifico nord-orientale e negli oceani Indiano ed Australe.
Questi animali possono arrivare fino a 33 metri di lunghezza e a pesare fino a 150 tonnellate. Questo li rende gli animali più grandi esistenti sulla Terra. Ed i risultati ottenuti dal team di Goldbogen spiegano perché non ce ne sono di più grandi. Un corpo più grande di quello di queste balene, richiederebbe troppa energia.
I ricercatori dell’Università di Stanford hanno ascoltato il cuore di queste balene collegando due ventose da elettrocardiogramma sul corpo di uno di questi animali. Per un ascolto ottimale le ventose sono state posizionate nei pressi della pinna sinistra del cetaceo e l’ascolto si è protratto per ben otto ore.
In questo modo gli scienziati hanno tracciato il battito cardiaco di una di queste balene in tutte le fasi del nuoto. Queste comprendono immersioni di 16 minuti e mezzo fino ad una profondità di 184 m; e fasi di emersione di massimo 4 minuti.
Il numero di pulsazioni previste nella fase di riposo è attorno ai 15 battiti al minuto. Analizzando il tracciato i ricercatori hanno scoperto che durante le fasi di immersione le pulsazioni erano circa 2 al minuto, mentre nelle fasi di emersione il battito accelerava rapidamente fino a raggiungere i 37 battiti al minuto. Questo in particolar modo dopo le immersioni più profonde per permettere la riossigenazione dei tessuti.
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