Mentre OSIRIS-REx, la sonda della NASA che sorvola l’asteroide Bennu, si prepara a raccoglierne dei campioni da riportare sulla Terra, nuovi interessanti studi ne esplorano la storia fornendo nuove importanti informazioni.
Secondo questi studi, l’asteroide ha vissuto una storia molto solitaria negli ultimi quattro miliardi e mezzo di anni. Nei primi momenti di vita del Sistema Solare, un enorme impatto cosmico ha sgretolato una roccia cosmica provocando l’espulsione di polvere e detriti nello spazio. Questa polvere si è addensata per effetto della gravità dando vita a quello che oggi conosciamo come 101955 Bennu. Da allora l’asteroide ha vagato solitario nello spazio, andando alla deriva attorno al Sole, tra la Terra e Marte, per miliardi di anni.
Il suo viaggio nel cosmo è continuato solitario ed indisturbato fino a che non è arrivata la sonda spaziale della NASA, OSIRIS-REx a fargli compagnia, il 3 dicembre del 2018. Dopo aver viaggiato per 27 mesi dalla sua partenza dalla superficie terrestre, la sonda si è finalmente avvicinata a Bennu per studiarlo da vicino e carpirne i segreti sull’origine e sulla sua natura.
Da quel momento infatti OSIRIS-REx ha fotografato e preso le misure di Bennu, ha scattato immagini ad alta risoluzione della sua superficie e ha scoperto nel 2019 l’insolita caratteristica di questo asteroide di espellere particelle nello spazio. La missione prevede anche il recupero, che dovrebbe essere effettuato a breve (il 20 ottobre è previsto il touchdown), di materiale dalla superficie di Bennu, da riportare sulla Terra per essere analizzato ed osservato in laboratorio.
Grazie ai dati raccolti dalla sonda NASA, piano piano stiamo ricostruendo il puzzle della storia di questa roccia spaziale a forma di trottola. Gli ultimi studi sulla sua storia sono stati pubblicati sulle riviste Science e Science Advances. Comprendere la storia e la natura di questo asteroide, potrebbe aiutarci a rispondere a domande ancora più grandi sulla nascita e l’evoluzione del Sistema Solare. Alla deriva nello spazio per eoni, l’asteroide potrebbe contenere indizi sulla formazione e l’evoluzione del Sistema Solare, rinchiusi nel suo cuore roccioso.
Bennu è stato descritto come un mucchio di macerie cosmiche dall’apparenza liscia. Ma quando OSIRIS-REx si è avvicinato, “abbiamo scoperto che la superficie era ricoperta di massi”, ha spiegato Hanna H. Kaplan, ricercatrice pressol il Planetary Systems Lab del Goddard Space Flight Center della NASA. OSIRIS-REx, acronimo di Origins, Spectral Interpretation, Resource Identification, Security-Regolith Explorer, si muove attorno a Bennu, sfruttando la sua debole gravità da ormai quasi due anni. Da allora lo osserva con i suoi strumenti nella luce visibile, negli infrarossi e con i raggi X.
I ricercatori sono stati in grado di rilevare delle tracce di carbonio sulla superficie di Bennu, assieme ad una serie di vene, che appaiono come luminose, che indicano la presenza di minerali carbonatici. Secondo Kaplan, queste vene potrebbero essere state originate dalle prime tracce di acqua del nostro Sistema Solare. “L’acqua probabilmente scorreva attraverso queste vene, depositando i carbonati”.
Poiché si ritiene che Bennu faccia parte di un asteroide più grande che vagava nel Sistema Solare appena nato, questo potrebbe aiutarci a dipingere un’immagine del corpo originario e del sistema idrico che conteneva. “Le dimensioni delle vene suggeriscono che il sistema idrico era molto esteso, forse per chilometri.”
Per cercare di comprendere meglio la natura del copro genitore di Bennu, i ricercatori lo hanno anche esaminato con una particolare tecnica che utilizza le variazioni di colore e rilflettanza sulla superficie di Bennu. Per realizzare queste indagini, OSIRIS-REx ha osservato la superficie di Bennu nella luce rossa ed in quella blu, riuscendo così a determinare la quantità di luce solare riflessa.
Interamente esposto allo spazio e senza protezione atmosferica, Bennu è martellato da micrometeoriti e dal vento solare. E la superficie di Bennu sembra reagire a questi eventi cosmici in modo diverso da quello che osserviamo su altri corpi celesti.
Daniella DellaGiustina, scienziata responsabile dell’elaborazione delle immagini su OSIRIS-REx, spiega infatti che “sulla superficie della Luna e di molti asteroidi, abbiamo osservato che gli agenti atmosferici spaziali scuriscono e arrossano le superfici. Su Bennu, invece accade il contrario: vediamo che nel tempo Bennu è diventato più luminoso e più blu in risposta agli agenti atmosferici spaziali”.
La superficie di Bennu risulta infatti essere molto diversa in queste lunghezze d’onda, il che suggerisce una collisione caotica tra il suo corpo genitore e un altro oggetto. Quella collisione probabilmente ha fatto si che emergesse materiale dalle profondità del corpo genitore dove si stavano verificando diversi processi geologici, espellendoli nel vuoto. Alla fine, la gravità li ha addensati in quello che oggi osserviamo come Bennu. Questa potrebbe essere la spiegazione per cui non c’è uno schema distinguibile nella composizione del carbonio sulla sua superficie.
Per avere le prove di questa teoria e scoprire molto di più sulla nascita di questo asteroide e del nostro sistema Solare, forse dovremo attendere che giungano sulla Terra i frammenti che la sonda della NASA raccoglierà tra qualche giorno sulla sua superficie. Nel frattempo dunque non ci resta che attendere quel momento e sperare nell’ottima riuscita del touchdown della sonda sulla superficie dell’asteroide ed augurarle poi un sicuro rientro a casa.
Ph. Credit: NASA
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