Nel settembre 2019, Anna Kapinska, ha scoperto l’esistenza di strani oggetti celesti che apparivano come dei cerchi spettrali osservati dai radiotelescopi. Questi misteriosi oggetti non sembrano appartenere a nessuna delle categorie sino ad ora conosciute e catalogate. Poco dopo anche il collega della Kapinska, Emil Lenc, ha individuato un altro di questi cerchi spettrali di emissioni radio, che assomigliano ad un anello di fumo cosmico.
Le immagini di questi strani oggetti celesti, sono state osservate nell’ambito del progetto denominato Evolutionary Map of the Universe (EMU) , realizzate con il nuovo rivoluzionario telescopio Australian Square Kilometre Array Pathfinder (ASKAP) di CSIRO.
Il progetto mira ad indagare quelle parti dell’Universo che fino ad ora non sono mai state osservate. E può riuscirci grazie a ASKAP, questo strumento è infatti in grado di rilevare ampie porzioni di spazio in modo molto rapido e con una profondità maggiore di quanto sia mai stato fatto sino ad ora. ASKAP è infatti molto sensibile a oggetti deboli e diffusi, proprio come questi cerchi spettrali.
Il team di ricerca ha identificato a occhio, esaminando la grande quantità di dati immagazzinata grazie ad ASKAP, questi misteriosi oggetti circolari. Sino ad ora ne sono stati identificati circa un migliaio e sono stati soprannominati ORC (Odd Radio Circle – “strani circoli radio”).
I ricercatori hanno inizialmente sospettato che si trattasse di un artefatto, generato dall’errore del software. Ma ben presto si sono resi conto che si trattava di dati reali, che sono stati confermati da altri radiotelescopi.
I ricercatori però non hanno ancora nessuna informazione o dettaglio sui cerchi spettrali. Non è nota né la loro distanza né le loro effettive dimensioni. Osservando infatti le immagini di normali telescopi spaziali, nelle posizioni in cui ci dovrebbero essere gli ORC, i ricercatori non hanno infatti trovato nulla. Nient’altro che spazio vuoto.
Il team sospetta che si tratti di anelli di elettroni ma non hanno idea del motivo per cui non siano osservabili nello spettro del visibile. Ciò che invece sanno è che cosa non può essere un ORC.
Gli astronomi infatti escludono che si tratti dei resti di una supernova, poiché sono lontani dalla maggior parte delle stelle della Via Lattea e poiché ne sono stati identificati troppo perché possano essere tutti delle supernove. Non si tratta nemmeno degli anelli di emissioni radio osservati nelle galassie dove si formano le stelle, poiché non si trovano in nessuna galassia dove vi sia formazione stellare.
Si esclude anche la possibilità che possa trattarsi di enormi lobi delle emissioni delle galassie radio, dato che gli ORC sono senza ombra di dubbio degli oggetti circolari. Molto diversi dunque dalle nuvole scomposte delle galassie radio. Sicuramente non si tratta nemmeno di anelli di Einstein, poiché sono troppo simmetrici e non si osserva nessun ammasso nel loro centro, come avverrebbe in un anello di Einstein.
C’è dunque bisogno di indagare ulteriormente su questi oggetti, magari cercando di osservare cose che, secondo le teorie potrebbero esistere, ma che non sono ancora mai state osservate. Come potrebbero ad esempio essere le onde d’urto di un esplosione in una galassia lontana. Esplosioni come esplosioni radio veloci o collisioni tra stelle di neutroni e buchi neri che generano onde gravitazionali.
Ma potrebbero anche essere qualcosa di totalmente diverso, inaspettato e sconosciuto. Due ricercatori russi hanno persino ipotizzato che possano essere le porte di wormhole nello spaziotempo.
Al momento la ricerca è dunque ancora totalmente aperta e Bärbel Koribalski e altri colleghi, sono a lavoro, con telescopi in tutto il mondo, per individuare più ORC e capire la loro origine. Un lavoro tutt’altro che facile, dato che sono così deboli ed evanescenti che fino ad ora erano sfuggiti agli attenti occhi degli astronomi.
Di certo trovarsi ad indagare su qualcosa di completamente nuovo e sconosciuto e proporre teorie e ipotesi su qualcosa di mai osservato, è davvero un emozione per gli astronomi.
Ph. Credti: Bärbel Koribalski, basata su dati ASKAP, con l’immagine ottica del Dark Energy Survey
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