Assumere maggiori quantità di molluschi, come cozze e vongole, potrebbe aiutare il nostro Pianeta dalla decalcificazione dei mari e combattendo il riscaldamento globale. Proprio come le piante catturano l’anidride carbonica presente nell’aria, i molluschi si formano attraverso il processo di biomineralizzazione del carbonio quando si trova nell’atmosfera in forma di CO2, la principale causa del riscaldamento climatico.
Si tratta di un sequestro biologico in mare che avviene con un complesso meccanismo di fotosintesi da parte del fitoplancton, utilizzato come alimento dai molluschi e fissato nei gusci calcarei dei bivalvi, afferma Giampiero Ravagnan, responsabile scientifico di un progetto che ha scovato in queste specie degli ottimi alleati se vogliamo salvare il nostro Pianeta.
Il progetto si chiama “Molluschicoltura 4.0” ed è portata avanti dall’Associazione Mediterranea Acquacoltori con l’obiettivo principale di curare il mare per salvare la terra. Nei mesi precedenti l’associazione ha inviato al Governo e ai vari ministri di competenza una proposta operativa di sostegno sia per quanto riguarda gli aspetti alimentari che la funzione di ecosostenibilità. Una finora quasi del tutto sconosciuta. La decarbonizzazione è fondamentale e per la quale sono previsti sostegni dal punto di vista economico.
Tuttavia se ragioniamo ancora sull’opportunità di destinare la CO2 ai giacimenti esausti di metano, sembrerebbe opportuno considerare il potenziale dei molluschi, che già oggi sequestrano in modo del tutto sostenibile anidride carbonica in quantità consistenti, come se fossero veri e propri giacimenti carbonatici. È un processo del tutto naturale e in alcun modo dispendioso. L’Unione Europea riguardo i cambiamenti climatici suggeriscono la produzione di alimenti a basso impatto ambientale, con minor consumo energetico e minor emissioni di CO2.
Oggi in Italia la produzione complessiva annuale di molluschi bivalvi è di oltre 95.000 tonnellate all’anno. Secondo alcuni studi il 20% del peso del prodotto è costituito dai carbonati fissati nelle valve degli organismi. E proprio per questo nel suo insieme la capacità di sequestro dell’anidride carbonica è di oltre 20.000 tonnellate all’anno. I molluschicoltori quindi potrebbero ricevere degli incentivi per passare alle energie rinnovabili, come ad esempio l’utilizzo di biocombustibili o utilizzare reti di pesca vegetali. Per attuare tutto ciò come laboratorio sperimentale i ricercatori hanno scelto La Spezia, dove è presente una consistente quantità di produzione di molluschi e numerosi enti pubblici.
Entrambi questi fattori suggeriscono di mettere a punto un modello di contabilità di aumento del sequestro con sistemi di monitoraggio ambientali e formazione di specialisti per studiare altri contesti territoriali. I molluschi quindi, soprattutto quelli d’allevamento, sono un’ottima alternativa, potenzialmente disponibile, a carne, pollame e pesce. L’impatto ambientale della produzione di molluschi bivalvi da acquacoltura è notevolmente inferiore rispetto a tutte le altre fonti di carne animale prodotta industrialmente. La carne produce tra i 19 e i 36,7 kg di CO2 per ogni chilogrammo di prodotto, mentre i mitili, grazie al carbon sink, producono solo 0,6 CO2/kg di prodotto. Possiamo davvero dire niente male!
Foto di donations welcome da Pixabay
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