Il geniale Michael Shuffet non ha sprecato alcuna battuta di tasti per rispondere a un messaggio relativo al programma automatico per la scrittura delle e-mail che sta creando; ha semplicemente scritto un messaggio. Ha premuto “Sì 45m” e ha cliccato su un pulsante con la scritta “Genera e-mail“. La sua app, chiamata Compose.ai, ha redatto una cortese risposta di tre frasi con un link per programmare una chiamata di 45 minuti. Shuffet ha quindi controllato il risultato e ha inviato il messaggio.
Compose è uno dei numerosi strumenti di scrittura automatizzata basati sulla nuova e formidabile tecnologia nota come GPT-3, rivelata a giugno da OpenAI, un istituto di ricerca sull’intelligenza artificiale. Il sistema GPT-3 è diventato virale quest’estate, dopo aver stupito il pubblico per la sua capacità di scrivere in modo fluente meme, codice, post sui blog di auto-aiuto e persino la fanfic di Harry Potter in stile Hemingway. Wired e altre riviste specializzate hanno dimostrato che GPT-3 può anche sputar fuori sciocchezze e odio, perché i suoi algoritmi hanno imparato a generare testo ricavandolo da ampie porzioni dei contenuti presenti su Internet.
Ora, alcuni imprenditori stanno sfruttando la GPT-3 per svolgere reali attività lavorative, come la redazione di e-mail o di marketing copy. Secondo Shuffet, uno dei creatori di Compose. miliardi di persone scrivono e-mail, ma per anni questo ambito non ha visto una grande innovazione. Gmail di Google suggerisce dei modi per completare le frasi e fornire risposte brevi e puntuali ad alcune e-mail, ma non redige messaggi più complessi.
Snazzy.ai, rilasciato per i primi tester la scorsa settimana, genera messaggi destinati a pagine web e a Google Ads, in base a informazioni essenziali relative a un marchio o a una campagna pubblicitaria. Quando vi sono state inserite delle parole chiave relative a Wired e una frase tratta dal suo manifesto fondante, Snazzy ha prodotto un testo che conteneva uno spunto di marketing con frammenti di ispirazione robotica. Uno degli annunci proposti da Google includeva il neologismo “geekspace”, una parola rara apparsa su Wired solo due volte, di cui l’ultima otto anni fa.
Ph. credits: Foto di mohamed Hassan da Pixabay
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