Gli astronauti americani, anche quando sono in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), non rinunciano al diritto di voto, un’opportunità resa possibile da un sistema speciale attivo dal 1997. La legge del Texas approvata in quell’anno ha infatti permesso agli astronauti di inviare il loro voto in modo elettronico, un metodo sicuro e pratico, soprattutto rispetto al trasporto fisico delle schede elettorali.
Il processo inizia con la richiesta di un voto per corrispondenza, come avviene per tutti i cittadini americani all’estero. Dopo l’approvazione, l’astronauta riceve una scheda elettorale crittografata direttamente sulla ISS tramite un computer a bordo. Il voto, una volta completato, viene trasmesso al White Sands Test Facility e successivamente al Johnson Space Center di Houston, Texas, prima di raggiungere l’ufficio elettorale della contea registrata dall’astronauta per la conta ufficiale.
La pratica è nata nel 1996, quando l’astronauta John Blaha, in missione sulla stazione spaziale russa Mir, tentò di votare alle elezioni presidenziali, ma fu impedito dalla mancanza di una legge adatta. Fu solo l’anno seguente, con una nuova legge, che David Wolf divenne il primo astronauta a votare ufficialmente dallo spazio. Da allora, molti altri astronauti hanno esercitato il diritto di voto in orbita, come Kathleen Rubins, che ha votato dallo spazio sia nel 2016 che nel 2020.
Questa procedura permette agli astronauti di partecipare attivamente alla vita democratica anche a distanza di oltre 400 km dalla Terra, assicurando che il loro voto arrivi in tempo, senza ostacoli legati alla logistica o alla programmazione delle missioni.