Abbiamo vissuto periodi molto difficili e complicati un paio di mesi fa durante il lockdown dovuto alla pandemia del coronavirus. Siamo stati costretti a stare in casa per oltre due mesi, senza poter vedere i nostri amici e familiari e uscire solo per motivi di stretta e comprovata necessità.
Tale situazione molto particolare ha causato un aumento evidente dei casi di depressione durante la quarantena, come dimostra un’apposita intervista dove il 23% ha sofferto di attacchi d’ansia, il 24% sintomi depressivi e ben il 42% disturbi del sonno come difficoltà a dormire o risveglio frequente durante la notte.
I risultati di uno studio condotto dall’Università di Torino sono stati pubblicati sull’International Journal of Environmental Research and Public Health. Sono dati molto importanti e sicuramente interessanti da analizzare, che rimarcano il fatto di come la salute mentale sia molto fragile nelle persone e và preservata il più possibile.
“Bisogna mettere al centro dell’agenda di sanità pubblica la cura della salute mentale del cittadino, dichiara Maria Rosa Gualano, in quanto la sofferenza mentale potrebbe rappresentare un’ennesima pandemia di cui occuparsi a livello globale, soprattutto per i soggetti più a rischio come i giovani, le persone sole e chi ha perso o rischia di perdere il lavoro. L’alto interesse che lo studio ha suscitato tra gli intervistati – prosegue Gianluca Voglino – testimonia la necessità di ascoltare i bisogni dei cittadini. Serve farsi carico delle persone in modo globale, ancor di più in momenti difficili come quello che stiamo vivendo”.
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