Uno tsunami che si è abbattuto senza preavviso sul nostro mondo portando nella nostra vita non solo la paura di ammalarsi, ma il disastro di una crisi economica senza precedenti. L’attacco improvviso del Coronavirus ha immobilizzato e impaurito tutto il mondo.
Progetti, sogni e desideri sono stati congelati senza sapere nemmeno per quanto tempo. E chi non ha dovuto lottare contro la malattia, si è ritrovato ad affrontare un’imminente crisi economica.
È chiaro che con una situazione stressante di tal portata, il passo che conduce alla depressione è breve. Secondo i dati presentati dalla Fondazione Onda, la disoccupazione generata dalla crisi economica potrebbe determinare un aumento sino a 150 – 200 mila casi di depressione.
Un numero che si appresta quindi a raggiungere quello di malati di diabete in Italia. Secondo lo studio, nell’arco di qualche mese si è verificato un aumento dei sintomi depressivi a causa della concomitanza di più fattori, tra i quali, oltre al distanziamento sociale, la solitudine, la paura del contagio e la crisi economica.
“L’emergenza sanitaria prolunga la sua ombra sul benessere psicologico delle persone, con effetti a breve e a lungo termine i cui esiti si potranno vedere anche nei prossimi anni”, spiega Claudio Mencacci, professore del Fatebenefratelli-Sacco di Milano.
Basso reddito e aumento della disoccupazione determineranno, secondo diversi studi, un rischio 2-3 volte superiore di ammalarsi. L’allarme è stato lanciato anche dagli Psicologi del Lazio (Opl), secondo cui in futuro si determinerà una vera e propria crisi identitaria collettiva. I piani che vengono coinvolti andranno dalla perdita del lavoro, alla separazione e alla povertà.
“Tra qualche mese immagino infatti un aumento significativo della disoccupazione e, infine, un distanziamento fisico e sociale che vedrà i ricchi diventare sempre più ricchi e i poveri più poveri. Questo, purtroppo, potrebbe far aumentare il tasso di delinquenza e criminalità. La perdita del lavoro potrebbe determinare uno stravolgimento degli scenari familiari”, ha spiegato Federico Conte.
Se le misure del distanziamento fisico dovessero essere ancora necessarie, potremmo assistere ad un impoverimento delle relazioni sociali, perché il 90% della nostra comunicazione è per natura non verbale. Quindi dovremmo immaginare un mondo meno sicuro, più precario e con un tessuto sociale molto più frammentato.
E attenzione perché il tessuto sociale è fortemente influenzato da alcuni elementi che sono intangibili, ma costitutivi di quella frammentazione che va ricomposta. In questo senso intendiamo la mancanza di fiducia negli altri, la mancanza di una prospettiva di un futuro migliore e l’impossibilità di sviluppo dell’autodeterminazione individuale. Insomma, tutti vissuti di precarietà e di insicurezza che condizioneranno fortemente il tessuto sociale.
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