Gli escursionisti, i corridori e i ciclisti dovrebbero evitare di cimentarsi nelle loro attività all’aperto e continuare a praticare quel distanziamento sociale che la pandemia di coronavirus impone ancora per diverso tempo, secondo le ricerche. L’analisi delle goccioline espulse dai pazienti affetti da Covid-19 con tosse e starnuti, condotta dalle università del Belgio e dei Paesi Bassi, ha concluso che il mantenimento della distanza di 2 metri tra le persone è efficace quando si è fermi e al chiuso, ma risulta inadeguata quando si percorrono vie che sono abitualmente frequentate da molte persone.
Lo studio, intitolato Social Distancing v2.0, ha scoperto che le persone che usano praticare attività all’aperto e, in generale, chi proprio non può restare a casa dovrebbero mantenere la distanza di almeno 4 metri quando interagisce con gli altri; i corridori dovrebbero restare a 10 metri l’uno dall’altro e i ciclisti addirittura fino a 20 metri di distanza, per evitare di passare attraverso le “nuvole” di materiale genetico espulso da altri che si esercitano.
I soggetti infetti potrebbero emettere “nuvole” di materiale genetico del coronavirus in cui i passanti potrebbero a loro volta infettarsi
“Questa scia è la zona che sorge proprio dietro una persona quando cammina o va in bicicletta, che la persona in movimento tende a muovere“, ha detto il professor Bert Blocken, che ha guidato la ricerca. “Ai ciclisti piace posizionarsi nella scia degli altri per ridurre la loro resistenza all’aria e anche chi cammina o corre è soggetto ad un fenomeno simile. Abbiamo infatti notato che le goccioline finiscono in quel flusso d’aria, ragion per cui è meglio evitare di seguire quella stessa scia“.
Il dottor Bill Hanage, professore associato presso il Centre for Communicable Disease Dynamics di Harvard, ha dichiarato che lo studio sia solo relativamente utile agli epidemiologi poiché la quantità di materiale genetico del coronavirus trasmissibile a mezzo di questa potrebbe ridursi man mano che gli altri l’attraversano. Il dottore Hanage ha dichiarato: “Dal punto di vista epidemiologico, il luogo in cui si trovano le nuvole di materiale genetico è molto meno rilevante della quantità che se ivi staziona. Non ci sono inoltre analisi della carica virale. I consigli sul distanziamento fisico riguardano infatti la riduzione del rischio di trasmissione, piuttosto che la sua eliminazione totale“.