I più nostalgici delle leggendarie serate al pub, che rimpiangono un buon bicchiere di birra con gli amici, stanno iniziando ad adottare delle “contromisure” piuttosto bizzarre per cercare di mantenere vivi i contatti. Molti giovani stanno infatti sfruttando app di messaggistica istantanea che supportano la funzionalità per le chat video di gruppo per tornare a condividere un drink con i propri amici, seppur costretti al distanziamento sociale a causa del coronavirus.
App come WhatsApp, Zoom, Google Hangouts e Instagram Live hanno infatti visto un boom da quando l’epidemia è scoppiata in Europa. La tendenza ha avuto un’impennata di popolarità soprattutto nel Regno Unito, mentre in tutto il mondo le autorità intimano ai cittadini di osservare le misure di distanziamento sociale, fondamentali per contrastare la diffusione del coronavirus.
La quarantena imposta dall’emergenza coronavirus ha costretto le persone a darsi appuntamento tramite app come WhatsApp e Instagram
L’app Zoom, pensata soprattutto per organizzare videoconferenze, ha in particolare scalato le classifiche fino a diventare una delle più scaricate al mondo. Alcuni hanno persino iniziato a riferirsi a se stessi come “zoomer“, come ulteriore elemento di distinzione e di socializzazione e i loro aperitivi sono diventati “Whatsapperitifs“. Normalmente utilizzate per riunioni di lavoro, gli utenti hanno invece utilizzato app del genere per organizzare feste digitali e giochi alcolici.
Probabilmente nata in Giappone, dove già da mesi i cittadini si trovano costretti alla quarantena, la tendenza è poi arrivata fino al Regno Unito, come testimoniano le dichiarazioni di qualcuno che ha in prima persona utilizzato queste app. Jess Wilson lavora da casa da più di una settimana e moriva dalla voglia di chiacchierare con i propri amici davanti ad un bicchiere di vino: “Io e la mia migliore amica Mina andiamo in giro ogni settimana, ma ora siamo entrambe in isolamento a causa del coronavirus e abbiamo deciso di sorseggiare un calice di vino davanti allo schermo dei nostri cellulari“.