Alla notizia dei primi casi di coronavirus nel nostro paese, ben prima dell’emanazione del decreto con cui il Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte dichiarasse l’intero territorio nazionale “zona rossa“, due fenomeni piuttosto significativi e preoccupanti si sono scatenati: un assalto generalizzato ai supermercati al fine di fare provviste, nonostante le restrizioni non riguardassero in alcun modo queste attività; una vera e propria razzia alle farmacie in cerca di mascherine protettive per il viso, nella speranza di riuscire in tal modo a prevenire il contagio.
E ciò nonostante i ripetuti appelli delle autorità e della stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, che hanno più volte precisato che tali strumenti non sono utili a prevenire alcunchè, peraltro facendo appello affinchè essi siano lasciati a disposizione di medici ed infermieri, soggetti quotidianamente esposti al rischio di contagio. Potrebbe perciò essere il caso di approfondire questo punto: le mascherine possono davvero proteggerci dal coronavirus? In realtà, molto dipende dalla tipologia di mascherina utilizzata, non presentando tutte le stesse caratteristiche e quindi garantendo livelli di protezione più o meno alti.
Un primo tipo di questo presidio medico, il più comune reperibile in commercio, è quello in dotazione dalle equipe mediche, principalmente utilizzato in sala operatoria: le mascherine chirurgiche. Si tratta di mascherine che non garantiscono alcuna funzione di filtraggio e fondamentalmente limitano la diffusione nell’aria di agenti infettanti; devono pertanto essere indossate da individui infetti o potenzialmente tali.
Un altro tipo di mascherine è quello denominato FFP1 (Filtering-face-pier), adatte ad ambienti di lavoro in cui non è prevista la circolazione di agenti tossici. Comunemente, esse vengono usate nell’industria alimentare e nel settore edile, garantendo un filtraggio di circa l’80% delle particelle che si trovano nell’aria e non sono raccomandate per la protezione da agenti patogeni. Più efficaci sono le mascherine FFP2, il cui utilizzo è previsto in ambienti di lavoro in cui circolano nell’aria sostanze potenzialmente dannose. Filtrano circa il 94% delle particelle aeree e devono essere indossate dagli operatori sanitari che interagiscono con persone infette o potenzialmente infette.
Destinate a situazioni più delicate sono infine le mascherine FFP3. Queste sono dotate di un sistema di filtraggio dell’aria che impedisce al 98% e più delle particelle presenti nell’aria di attraversarle. Sono in uso dal personale medico e in particolare durante procedure particolarmente delicate, come intubazione e bronco-aspirazione del paziente. Sono destinate ad uso singolo e garantiscono il livello di protezione massimo dall’inquinamento dell’aria respirabile.
Date queste sommarie, ma forse necessarie, precisazioni in merito ad un argomento così fortemente sentito da tutta la comunità, è fondamentale ricordare che tali presidi, e soprattutto le mascherine FFP3, devono essere utilizzate solo ed esclusivamente da chi assiste pazienti infetti o potenzialmente infetti da coronavirus, come specificano chiaramente le Linee Guida Internazionali dell’OMS. La tensione è alle stelle, questo è comprensibile, ma in momenti così duri bisogna pensare prima di tutto alla salute di chi è chiamato ad assistere i più bisognosi.
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