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Coronavirus: il virus circola nell’aria, ma l’ISS interviene per fare chiarezza

Il nuovo coronavirus potrebbe avere la capacità di trasmettersi anche per via aerea. Alcuni studi condotti nelle ultime settimane dimostrano infatti che il materiale genetico del virus Sars-Cov2 è in grado di resistere nell’aria per diverse ore, si stima anche 3 o 4, anche se questa peculiarità è stata notata maggiormente in ambienti particolari, ad esempio cliniche ed ospedali, che ospitano un gran numero di ammalati.

 

Il materiale genetico del coronavirus tende ad accumularsi negli spazi chiusi e affollati da soggetti malati, come ad esempio gli ospedali

Tuttavia, l’Istituto Superiore della Sanità italiano mostra di sostenere una linea più cauta in merito, come dimostrano le parole dell’epidemiologo dell’ISS Paolo D’Antonia, che dichiara: “Il coronavirus si trasmette prevalentemente attraverso goccioline disperse nell’aria, ma negli ospedali con molti pazienti sottoposti a ventilazione meccanica potrebbe disperdersi anche tramite aerosol, cioè come sospensione nell’aria“. Questa scoperta potrebbe quindi costringere l’Organizzazione Mondiale della Sanità a rivedere le proprie linee guida in merito all’uso delle mascherine, la cui carenza è ormai diventata un problema estremamente serio.

L’OMS stessa e il ministero della Salute italiano hanno infatti riservato l’uso dei dispositivi di protezione individuale esclusivamente ai malati e al personale sanitario che li assiste giornalmente, mentre in altri paesi sono diventate obbligatorie anche per chi è costretto ad uscire di casa per andare al supermercato. Tuttavia, l’enorme domanda di mascherine ha creato una situazione tale che esse non saranno disponibili per tutti allo stesso modo.

 

Nella cosiddetta “Fase 2” dell’emergenza, sarà fondamentale riuscire a garantire a tutti la possibilità di proteggersi con i DPI

Il coronavirus si trasmette principalmente attraverso le famigerate goccioline disperse nell’aria dopo uno starnuto o un colpo di tosse e possono viaggiare fino a 1 o 2 metri. Nel caso della trasmissione per via aerea invece, il materiale genetico del virus potrebbe percorrere anche distanze maggiori. Silvio Brusaferro, presidente dell’ISS, ha poi dichiarato: “Non abbiamo evidenze per dire che il virus circoli nell’aria. I dati ci dicono che le principali vie di trasmissione sono il contatto e le goccioline (droplets). La trasmissione per via aerea è però ipotizzata e dimostrata in contesti particolari, specie in ambito sanitario. Ma la letteratura internazionale conferma il fatto che droplet e contatto sono i veicoli principali di infezione“.

Uno studio condotto dal New England Journal of Medicine pubblicato il 17 marzo ha inoltre dimostrato che il virus può resistere nell’aria fino a 3 ore, anche se la sua quantità tende a dimezzarsi nel giro di appena un’ora. Questi dati rendono evidente che le possibilità di contrarre il coronavirus attraverso il mezzo di diffusione aereo sono maggiori in contesti chiusi, in cui più soggetti infetti stazionano e causano un accumulo del materiale genetico del virus, come ad esempio reparti ospedalieri e ascensori. La sfida, in ogni caso, si giocherà anche sul piano del “dopo-pandemia“, quando, secondo le autorità, le ormai rarissime mascherine saranno parte integrante della nostra quotidianità.

Nello Giuliano

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