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Covid-19: chi si ammala ha più probabilità di sviluppare una sindrome depressiva

Il Covid-19 è una malattia infettiva che si è diffusa in tutto il mondo nel 2020, causando una grave pandemia. Oltre ai sintomi respiratori, si osservano comunemente manifestazioni neuropsichiatriche, tra cui stanchezza cronica, depressione e ansia. I correlati neurali dei sintomi neuropsichiatrici della malattia sono ancora in gran parte sconosciuti. Questo è ciò che emerge da un nuovo studio condotto dai ricercatori dell’Università di Padova.

Secondo i risultati quindi suggeriscono che i pazienti che hanno superato la malattia potrebbero avere maggiori possibilità di sviluppare una sindrome depressiva. Tali sintomi sono verosimilmente associati agli effetti a livello neuronale del virus o ai trattamenti messi in atto, ma possono anche derivare dai fattori psicosociali associati all’infezione del virus, come ad esempio il timore di ammalarsi o di infettare gli altri, cambiamenti nello stile di vita e isolamento sociale.

 

Covid-19, dopo la malattia si può sviluppare una sindrome depressiva

I partecipanti allo studio si sono sottoposti ad una risonanza magnetica funzionale, effettuata in questo caso dopo aver il tampone negativo e una valutazione neuropsicologica. Gli esperti hanno deciso di indagare la connettività funzionale locale cerebrale a riposo tramite lo studio dell’omogeneità regionale, una tecnica che consente di valutare quanto la correlazione locale del segnale in una regione cerebrale. Questi pazienti hanno quindi un’incrementata connettività funzionale locale nell’ippocampo di destra e diminuita connettività nella corteccia temporale destra e nel parietale di sinistra e che la gravità dei sintomi depressivi post-Covid si correla a queste variazioni neurofisiologiche.

Tali aree sono coinvolte e fondamentali per altre funzionalità e vari processi sociali, come la regolamentazione dell’emotività, l’empatia e la simulazione dei sentimenti degli altri. Inoltre queste aree vengono attivate quando si presenta un’esclusione sociale, come quando si è costretti a stare in quarantena. Come sappiamo l’ippocampo è una struttura coinvolta primariamente nello sviluppo di sintomi depressivi. Lo studio mostra quindi che queste aree possono essere associate sia direttamente all’infezione da Covid-19 che alla sintomatologia depressiva associata alla condizione di limitazione sociale.

Tuttavia, se l’aver contratto il Covid e l’aver avuto una storia di disturbi mentali sono fattori che incidono indubbiamente sulla salute mentale in risposta alla pandemia, il non aver mai avuto un disturbo psichiatrico e l’aver “scampato” il Covid sono tutt’altro che una garanzia per la nostra salute mentale. La riduzione dello stress e dell’ansia, il potenziamento della resilienza, il combattere la solitudine e l’incoraggiamento dell’attività fisica e sportiva potrebbero avere un importante ruolo protettivo nel favorire il benessere mentale ed evitare la comparsa di disturbi psichiatrici in risposta a stress pandemico.

Foto di Hieu Van da Pixabay

Marco Inchingoli

Nato a Roma nel 1989, Marco Inchingoli ha sempre nutrito una forte passione per la scrittura. Da racconti fantasiosi su quaderni stropicciati ad articoli su riviste cartacee spinge Marco a perseguire un percorso da giornalista. Dai videogiochi - sua grande passione - al cinema, gli argomenti sono molteplici, fino all'arrivo su FocusTech dove ora scrive un po' di tutto.

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