La brama umana di conoscere e comprendere è la forza trainante del nostro sviluppo come individui e persino del nostro successo come specie. Tuttavia la curiosità può anche essere pericolosa, causando inciampi o addirittura cadute, quindi perché questo impulso ci costringe così spesso per tutta la vita?
Detto in altro modo, perché gli umani sono così curiosi? E data la complessità della curiosità, gli scienziati hanno anche una definizione per questa spinta innata? La curiosità è così radicata che ci aiuta a imparare da bambini e a sopravvivere da adulti. Per quanto riguarda la definizione, non ce n’è uno incastonato nella pietra.
I ricercatori di molte discipline sono interessati alla curiosità, quindi non sorprende che non vi sia una definizione ampiamente accettata del termine. William James, uno dei primi psicologi moderni, lo definì “l’impulso verso una migliore cognizione“. Mentre definire una definizione si è rivelato complicato, “il consenso generale è che si tratta di un mezzo di raccolta di informazioni“, ha detto a Live Science Katherine Twomey, docente di sviluppo linguistico e comunicativo all’Università di Manchester nel Regno Unito.
Gli psicologi concordano anche sul fatto che la curiosità non riguarda il soddisfare un bisogno immediato, come la fame o la sete; piuttosto, è intrinsecamente motivato. La curiosità comprende un insieme così ampio di comportamenti, probabilmente non esiste un singolo “gene della curiosità“ che faccia meravigliare il mondo ed esplorare il proprio ambiente.
Detto questo, la curiosità ha una componente genetica. I geni e l’ambiente interagiscono in molti modi complessi per modellare gli individui e guidarne il comportamento, compresa la loro curiosità. I ricercatori hanno identificato le modifiche a un tipo specifico di gene che è più comune nei singoli uccelli canori che sono particolarmente interessati ad esplorare il loro ambiente. Nell’uomo, le mutazioni di questo gene, noto come DRD4 , sono state associate alla propensione di una persona a cercare novità.
Indipendentemente dalla loro composizione genetica, i bambini devono imparare un’incredibile quantità di informazioni in un breve lasso di tempo, e la curiosità è uno degli strumenti che gli esseri umani hanno trovato per svolgere quel compito gigantesco. Centinaia di studi dimostrano che i bambini preferiscono la novità. In uno studio del 1964 , uno psicologo mostrò che i bambini di età compresa tra 2 e 6 mesi diventavano sempre meno interessati a un modello visivo complesso più lo guardavano.
Una volta che i bambini si erano abituati ai giocattoli familiari, ne preferivano di nuovi. Questa preferenza per la novità ha un nome: curiosità percettiva. È ciò che motiva gli animali non umani, i neonati e probabilmente gli adulti umani a esplorare e cercare nuove cose prima di diventare meno interessati a loro dopo una continua esposizione.
Un altro tipo di curiosità è distintamente umano. Gli psicologi la chiamano curiosità epistemica e si tratta di cercare conoscenza ed eliminare l’incertezza. Quest’ultima emerge più avanti nella vita e potrebbe richiedere un linguaggio complesso. “Gli umani, nel nostro lignaggio distintivo, sono andati oltre la semplice modifica della natura all’immaginazione e all’invenzione di possibilità completamente nuove che emergono da quel tipo di curiosità“, hanno detto i ricercatori. In definitiva, la curiosità riguarda la sopravvivenza.
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