Il 2016 è stato un anno pervaso, sul piano della tecnologia, da una serie di interessanti notizie. Non tutte, ad ogni modo, hanno rispecchiato carattere di ufficialità e, proprio per questo, è stato aperto un capitolo molto delicato da indirizzarsi alle cosiddette “bufale digitali” ed a tutte le implicazioni che si sono via via sommate nel corso di questi ultimi mesi. Dalle notizie bufala alle aspre lotte giudiziarie, prenderemo oggi in esame quelli che sono stati i peggiori fallimenti tecnologici di questo 2016.
Notizie false: la posizione dei social
In merito alle notizie bufala si è fatto un gran discutere nel periodo. Un periodo che ha visto in prima linea i colossi internazionali del mondo social di Facebook e Google che, a scanso di equivoci, hanno ingaggiato una feroce battaglia contro coloro che, per pure passatempo, si dedicano al clickbait ed alla diffusione online di notizie fake che contribuiscono soltanto a generare flame e confusione. Distinguere una notizia falsa da una di comprovata affidabilità non è affatto facile, ma gli strumenti ed i metodi ci sono, basta soltanto applicarli.
In tale ottica, Facebook ha consolidato un team interno di controllo sui post che contempli, in secondo luogo, anche il diretto intervento degli utenti e delle ultime tecnologie di Intelligenza Artificiale ad auto-apprendimento da affiancare all’aiuto fornito da organizzazioni come ABC News, la Associated Press, Snopes, Politifact, e FactCheck.
Stessa sorte per Google Corporation, che pur si è detta disposta ad operare alcune modifiche specifiche ai propri algoritmi di controllo per il Check delle News. La vicenda Donald Trump, di fatto, ha contribuito ad innalzare il livello di allerta ed a generare un certo impegno sulla questione da parte delle major society.
Uno studio della Stanford University ha rilevato che oltre l’80 per cento degli studenti intervistati non poteva comprendere la differenza tra le storie false e quelle reali. Di fatto, in questo frangente, chiara risulta la necessità di un repentino intervento.
Crittografia: Apple vs FBI
Nel corso di quest’ultimo anno si è intervenuti in merito ad una vicenda piuttosto delicata, che riguarda da vicino noi utenti. Abbiamo potuto assistere, nell’occasione, alla presa di posizione di Apple nei confronti dei propri utenti sul piano della privacy e della protezione dati, minata da uno scontro giudiziario in merito alla possibilità di fornire informazioni utili allo sblocco degli iPhone 5C degli esecutori della strage terroristica di San Bernardino, in California, dove si è potuto assistere all’uccisione di 14 persone.
Lo scontro tra Apple ed autorità federali statunitensi ha conosciuto fasi molto intense, che si sono accompagnate a notizie che hanno visto le richieste di concessione di una backdoor verso cui Apple ed il suo CEO Tim Cook hanno dimostrato serrata ostilità. Nonostante la situazione si sia risolta, in un primo momento, a favore del blinding degli iPhone, l’FBI ha comunque trovato il modo di penetrare all’interno dei dispositivi servendosi di una società di hacker esterna specializzata in intrusioni informatiche.
La battaglia ha portato in evidenza un problema che affligge e forze dell’ordine locali e federali, tra le cui file regnano centinaia e centinaia di smartphone ancora crittografati pronti ad essere ispezionati. A livello legislativo, le ripercussioni si sono manifestate a favore di un’ordinamento che limiti la crittografia e consenta, quindi, l’accesso alle funzioni del dispositivo senza alcun ostacolo per gli enti governativi d’indagine, sebbene gli sforzi profusi dai sostenitori della privacy abbiamo fatto notevole pressione in merito all’argomento.
E mentre il caso si è chiuso già all’inizio di questo 2016, la crittografia rimane un argomento ancora caldo, specie se si considera che applicazioni e piattaforme come Whatsapp Messenger e Facebook Messenger hanno introdotto, in tempi recenti, il nuovo livello di protezione fornito dalla crittografia end-to-end, proprio a garanzia della riservatezza nelle comunicazioni via device mobile ed annessi sistemi compatibili.
Galaxy Note 7: un telefono “infiammabile”
Il Galaxy Note 7 è stato senz’altro l’argomento clou di questo 2016. Dopo aver ricevuto entusiasmanti recensioni da parte di autorità tecnologiche di ogni dove, ha manifestato un diffuso problema che ha concorso a portare lo smartphone ben lontano dalle vette delle classifiche mondiale di preferenza, come inizialmente sancito. I rapporti hanno evidenziato, sin dai primi mesi della sua commercializzazione, un carattere distintivo che di certo Samsung Electronics non aveva messo in conto tra la dotazione base del nuovo terminale.
Il fatto che i dispositivi prendessero fuoco non ha fatto notizia sino al momento di quello che è stato un frettoloso primo richiamo, dal quale è emersa la superficialità di un’azienda desiderosa di rimanere in testa alle classifiche di vendita ma che, invece, ha finito per registrare ammanchi di quasi 10 miliardi di dollari ed una marcata sfiducia da parte del consumatore. Nonostante questo primo richiamo, da imputare alla non usabilità dei pacchi batteria prodotti internamente dalla divisione Samsung Batteries SDI, la società ha immesso sul mercato soluzioni di presunta comprovata affidabilità, provenienti da ATL China, che da anni si rende partecipe dell’implementazione dei supporti energetici per Apple ed i suoi iPhone.
Il risultato, lo abbiamo visto, è stato a dir poco catastrofico, ed ha condotto ha ricondotto ad una serie crescente di notizie su esplosioni Note 7 che hanno portato al definitivo ritiro dal mercato degli ultimi phablet, ancora in mano a molti utenti che si dicono sfavorevoli alla restituzione, nonostante siano stati disposti piani di rimborso e promozioni per l’acquisto agevolato del prossimo Samsung Galaxy S8: Ad ogni modo, la sudcoreana adotta misura estreme, come quelle relative alla disattivazione unilaterale dei dispositivi tramite aggiornamento OTA. Un flop di proporzioni gigantesche.
Il 2017 servirà a Samsung per riappropriarsi della fiducia del consumatore, forse per questo ha deciso di rinviare l’evento di presentazione da Febbraio ad Aprile, operando una rottura con il passato e la promessa di un’anticipazione da concretizzarsi sul palcoscenico del prossimo Mobile World Congress di Barcellona. L’evento slitterà ad Aprile nella sede espositiva di New York, in un evento che si preannuncia davvero “infuocato”.
Addio al jack per le cuffie
La rimozione del jack per le cuffie, concretizzatosi con i device della famiglia iPhone 7, ha lanciato un trend verso cui molti OEM stanno cercando di rifarsi. Sicuramente tale estromissione ha portato ad un device decisamente più compatto e più usabile sul piano delle connessioni senza fili, grazie alla simultanea uscita delle AirPods ma, allo stesso tempo, ha generato un malcontento generale verso tutti gli affezionati al sistema analogico di trasmissione audio, che pur devono munirsi di appositi adattatori Lightning per fronteggiare la mancanza.
Nel 2017 ci si aspetta di portare all’attenzione dell’utente una miriade di soluzioni wireless Bluetooth da abbinare agli smartphone ed ai tablet di prossima generazione. Non è un caso che anche per Galaxy S8, forte anche del passaggio all’USB Type-C connector che garantisce la fruizione dell’audio digitale, si siano fatte ipotesi analoghe in merito ad un bundle che contempli la presenza di nuove soluzioni d’ascolto musicale senza fili. Ci si aspetta, anche in questo caso, l’uscita di appositi adattatori che, in tal caso, possono costituire un ulteriore disagio rispetto all’implementazione on-board nativa sui dispositivi.
Twitter verso il fallimento
Fin dal suo lancio avvenuto nel lontano 2006, Twitter non ha di certo avuto vita facile in quanto a profitti. Sembrava, sino a non molto tempo fa, una società verso cui gettare un occhio di riguardo in merito ad una potenziale acquisizione da parte di Google, Salesforce, e Disney, che per primi si sono interessati del futuro di questo platformd i micro-blogging. Le aziende, con il passare del tempo, hanno diffusamente manifestato una perdita di interesse e pare, al momento, che nessuno sia disposto a comprarla.
Di fatto, vi sono stati due trimestri di forte stati, in cui la crescita registrata in merito agli adepti si è mantenuta pressocchè inalterata, passando in primo piano rispetto ad un ultimo trimestre di recupero che, comunque, non ha di certo fatto gridare al miracolo. La società, inoltre, ha annunciato un piano di licenziamento che contemplasse la rimozione del 9% della sua forza lavoro che, allo stato attuale, conta su qualcosa come 350 unità.
I responsabili di Twitter, inoltre, hanno rilasciato notizie in merito alla definitiva chiusura di Vine, notoriamente caratterizzata per la possibilità di realizzare video di 6 secondi divenuta molto popolare all’inizio dell’anno e, via via, passata in secondo piano a favore di analoghe soluzioni esterne. C’è chi ipotizza che sia Softbank a guidare le redini della società nel 2017. Riuscirà Twitter a trovare un acquirente?
Gli smartwatch sono un fallimento
I dati parlano chiaro: gli smartwatch non vendono. Secondo IDC, di fatto, le spedizioni totali stimate di dispositivi indossabili da polso intelligenti stanziano ad appena 2.7 milioni di unità, in diminuzione del 51% rispetto all’anno precedente. Il rapporto sopra menzionato, ad ogni modo, non include gli Apple Watch series 2, verso cui Tim Cook dimostra, forse, un’eccesso di ottimismo per il mercato vendita. Di fatto, ed i dati lo confermano, gli Apple Watch al momento trainano il mercato dei wearable, con Samsung e Garmin indietro di parecchie posizioni.
Il volume di vendite esiguo è indice di scarsa preferenza nel settore da parte di una clientela orientata marcatamente verso il settore smartphone e verso indossabili economici. Non contiamo, poi, gli smartwatch Android Wear che, nonostante le notizie Google rassicurino in merito ad un ritorno in auge dei prodotti e dei sistemi nel 2017, non hanno visto quest’anno alcuna introduzione, tanto che Motorola si è portata all’abbandono. Una situazione che, per gli OEM come LG e Huawei, ha significato una riconsiderazione del proprio modus operandi in termini di adozione. Si conta, infatti, sulla possibilità che le società volgano la loro attenzione verso i sistemi Samsung Tizen, decisamente più al passato con i tempi ed user-friendly.
L’evento clou che contribuisce a gettare fango sul settore degli smartwatch è stato, comunque, l’abbandono di Pebble, divenuto nel tempo il capostipite del settore grazia ad una fruttuosa campagna Kickstarter che, in ultimo, ha visto un drastico calo delle vendite. Nel corso dell’anno, Fitbit si è detta disposta all’accorpamento aziendale, tanto che Pebble non si renderà più partecipe della realizzazione di nuovi dispositivi. Gli smartwatch saranno destinati a scomparire del tutto?
Hacker: i protagonisti del 2016
Il 2016 è stato senz’altro l’anno degli attacchi hacker, in merito ai quali si è dedicato un focus particolare per le notizie Yahoo, dove si sono visti una serie di nuovi attacchi che hanno compromesso oltre un miliardo di account e che seguitano ai tentativi di intrusione del 2013 e del 2014, dove si erano potuti contare ulteriori 500 milioni di account compromessi. Le vicende, neanche a dirsi, hanno contribuito a portare alla luce non soltanto le straordinarie abilità degli hacker ma anche l’estrema superficialità delle piattaforme in merito alla sicurezza.Una situazione che, nel contesto, ha generato una certa diffidenza da parte di Verizon che, manifestato il proprio assenso all’acquisizione, pone ora dei paletti in merito al prezzo di vendita, da considerarsi al ribasso rispetto a quanto inizialmente pattuito.
Accanto alla vicenda Yahoo, ad ogni modo, si sono posizionate ulteriori notizie Netflix, Spotify, Twitter, GitHub e Paypal, che pur hanno conosciuto il dispiacere di ricevere un attacco Denial-of-Service (DDOS) alle proprie piattaforme attraverso una bot di telecamere e sistemi di ripresa a circuito chiuso tramite malware Mirai.
Grandi hack, inoltre, hanno interessato anche il sistema elettivo statunitense che, in vista delle presidenziali americane, hanno interessato il Comitato Nazionale Democratico, per il quale si sono registrate violazioni su oltre 20.000 messaggi di posta elettronica, ora resi di pubblico dominio. In diretta conseguenza, poi, si sono richieste le dimissioni di alcuni membri di spicco del Comitato, come il Presidente Debbie Wasserman Schultz.A seguito delle indagini condotte per mano delle agenzie d’investigazione, è emerso che l’imputazione di colpa era da attribuire alla Russia, indirettamente coinvolta nel tentativo di influenzare l’elezione di nascosto per aiutare il neo-Presidente Donald Trump con l’hacking delle email di Hillary Clinton e dei membri del suo Staff. Le agenzie dicono che è possibile che il presidente russo Vladimir Putin sia stato direttamente coinvolto.
Nel corso del 2016 vi sono state numerose altre violazioni e, secondo i rapporti diffusi per mano degli analisti di ESET, questi sono decisamente destinati a crescere in vista di un futuro che contempli il paradigma dell’Internet of Things.
Smartphone modulari? Per carità
Questo doveva essere l’anno del telefono modulare ma, nonostante iniziali recensioni positive, il trend non si è rivelato affatto proficuo per tutte quelle aziende che hanno investito in ricerca e sviluppo nel settore mobile dei prodotti. Un candido esempio è stato fornito da LG G5 che, con i suoi sistemi modulari come la LG Cam e la batteria esterna, non ha di certo saputo impressionare il pubblico, rimanendo di fatto tra gli scaffali dei grandi magazzini retailer e digitali. Stessa situazione per i Lenovo Moto Z e Moto Z Force, che tramite i loro Moto Mods non hanno riscosso il meritato successo.
Nonostante questo, almeno per questi ultimi, si continua a registrare un discreto apprezzamento, sebbene ben lontano dai tradizionali sistemi mobile unibody. Forse la cosa più deludente è stato il prematuro accantonamento del Project Ara, un telefono modulare concepito da Google alla stregua di un sistema desktop da scrivania. L’azienda ha presentato un prototipo in occasione della conferenza degli sviluppatori a Maggio, con prevista prima commercializzazione sul finire del 2016. Nessuno è riuscito a toccare con mano il prodotto e, molto probabilmente, nessuno ci riuscirà.
La piattaforma Project Ara potrebbe essere verosimilmente ceduta a terzi, ma in merito a ciò non c’è ancora nulla di ufficiale. Se Motorola riuscirà a dimostrare che il concetto di modularità possa trovare reale applicazione, può darsi che le cose si facciano interessanti su questo fronte ma noi, personalmente, ne dubitiamo fortemente, visto il trend di mercato che volte unidirezionalmente a soluzioni più “classiche”.
Il 2016 doveva essere l’anno della Realtà Virtuale
La realtà virtuale ha senz’altro fatto notizia in questo 2016. Non si può di certo negare che soluzioni come HTC Vive e Oculus Rift siano d’ispirazione a molti per la fruizione di un’esperienza di realtà virtuale superiore ma difficilmente tali categorie di prodotti trovano reale applicabilità nel settore mainstream, visti i dati di crescita.
Una forte discriminante al riguardo è senz’altro il prezzo esorbitante di dette soluzioni. AD esempio, Il Vive costa ben $800, qualcosa che difficilmente l’utente medio può permettersi. Decisamente diversa, invece, la situazione con i visori Samsung Gear VR e Google DayDream, seppur ancora limitati ad uno specifico range di device compatibili. Al momento, comunque, è difficile fare una previsione azzeccata sul fatto che uno dei due emerga.
Di fatto, come già accennato, entrambi i visori richiedono dispositivi specifici per poter funzionare. Con Gear VR l’esperienza richiede un telefono Samsung, mentre con Google il range si limita ai soli Pixel Phone e ad una manciata di device Daydream-ready. Le piattaforme avranno modo di espandersi verso l’esterno nel corso del 2017 ma, per il momento, ci riserviamo il diritto di considerare questa realtà virtuale come un mezzo flop del 2016.
In questo contesto si colloca il Playstation VR che, allo stato attuale, domina indiscusso il mercato di vendita. In particolare si resta in attesa dei nuovi titoli (per PS4 Pro si attende Resident Evil 7) e delle nuove piattaforma compatibili con i visori Samsung, Google e quelli delle consociate Microsoft Hololens.
Conclusioni
Sono state queste le notizie principali del 2016 che hanno contribuito ad offuscare i traguardi tecnologici raggiunti nei rispettivi comparti. Fondamentalmente, almeno per quanto riguarda la soluzioni Virtual Reality e gli smartwatch c’è ancora una speranza. Si pensi, ad esempio, agli ultimi Gear S3 Classic e Frontier che, in vista del tacito benestare degli operatori, potranno contare su sistemi completamente standalone anche per la telefonia mobile.
Diversa, invece, la situazione per il mercato modulare degli smartphone che, in questo caso, non vede alcun barlume di speranza se non per i device Motorola-Lenovo. Seri provvedimenti, invece, devono essere presi in merito ai criteri di riservatezza sui dati sensibili degli utenti e sugli attacchi hacker che, in questo 2016, hanno portato nelle tasche dei malintenzionati miliardi di dollari e dati di accesso a servizi online.
Secondo te, per questo 2016, qual’è stato il più grande flop tecnologico? In attesa di un 2017 che consenta di risolvere i deficit del periodo, rilascia pure una tua personale opinione. Lo staff di FocusTech ti augura un BUON ANNO NUOVO, si spera, ricco di notizie interessanti.
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