Il freddo, il cielo grigio, le giornate che si accorciano, la luce sempre più scarsa: tutto questo sembra suggerire l’inverno come momento dell’anno in cui depressione e suicidi subiscono un’impennata; intuizione suffragata dall’effetto depressivo del Natale e dal luogo comune che il freddo e la scarsa luce condannino i paesi nordici a un tasso di suicidi molto più alto del normale.
Come spesso accade, la realtà scientifica è un po’ meno semplicistica. Certamente esiste la “depressione invernale”; un tipo di SAD che compare solo nei mesi più bui e freddi. È però sottovalutata la sua controparte: la depressione estiva, che stando ai dati del National Alliance of Mental Illness, colpisce nei soli Stati Uniti almeno il 10% di chi soffre di SAD.
Il sole splende, gli uccellini cinguettano, i bambini che giocano all’aria aperta e i feed di Instagram si riempiono di paesaggi esotici e marini e gente in costume in posa da sirenetta sullo scoglio. Tutto questo, per alcune persone, significa solo lo sprofondare in uno stato emotivo che stona con il clima e il mood che questo sembra suggerire.
L’umidità è opprimente, il respiro si fa più faticoso e questo non fa che aumentare la morsa allo stomaco causata dall’ansia. Chi soffre di questa particolare depressione inizia a rilevare i sintomi agli inizi della stagione estiva, quindi a metà giugno, fino a trovar sollievo verso metà settembre con il calo delle temperature.
Sono sintomi molto fisici e il caldo porta con sé una stanchezza cronica che lascia sfiancata e con poche forze, compiere azioni più o meno quotidiane richiede una grande fatica. E il sole, con la sua luce intensa, fa venire mal di testa. Questi i sintomi riscontrati in persone affette da questa malattia.
Se la depressione invernale è molta nota e trattata anche a livello divulgativo, quella estiva, oltre a essere meno studiata, è raccontata sin modo spesso approssimativo, tant’è che molte delle persone che ne sono affette rimangono stupite scoprendo di non essere le uniche a provare questo paradossale odio per i mesi estivi.
Questo disturbo è studiato come fenomeno distinto rispetto al suo corrispettivo invernale soltanto da qualche decennio, ma le sue tracce risalgono a molto tempo prima, per esempio al 1854 quando il neurologo francese Jules Baillarger parlò di un paziente in questi termini; nei mesi invernali è “di ottimo umore”, mentre “diventa depresso quando si alza la temperatura, si sente abbandonato dalle forze e tenta il suicidio“.
I fattori ambientali e sociali legati a questo tipo di disturbo sono piuttosto intuibili. Il calore ha effetti negativi sul sonno e sull’alimentazione, creando scompensi nei ritmi di vita abituali. Il sole che tramonta tardi rende una giornata negativa più difficilmente sopportabile perché sembra non finire mai. Gli amici partono, i negozi e i locali chiudono, la routine si interrompe facendo venir meno i soliti punti di riferimento.
D’estate la pressione sociale è più forte e se gli altri sono fuori a divertirsi l’idea di stare in casa da soli non fa che amplificare il senso di isolamento. A questo si accompagna l’imperativo al divertimento. Queste però sono tutte spiegazioni di carattere sociale. E limitarsi a queste ragioni non fa che amplificare il rischio di scambiare una demoralizzazione causata dalle circostanze sfavorevoli con il SAD. Ha più senso pensare che il disturbo affettivo stagionale abbia a che fare anche con fattori più strettamente scientifici.
È di questo parere Norman Rosenthal, psichiatra dell’Università di Georgetown. Lui e il suo collega Thomas Wehr hanno identificato la depressione invernale nel 1984 e tre anni dopo l’hanno distinta da quella estiva. Secondo loro la quantità di luce solare può causare picchi nella produzione di melatonina che va a disturbare i ritmi circadiani naturali.
Potrebbe trattarsi di un problema di neurotrasmettitori, anche se non si è ancora individuato quali. Con il cambio delle stagioni, la fisiologia cerebrale subisce dei cambiamenti per adattarsi al clima. Un adattamento che, per chi soffre di SAD, comporta più difficoltà del normale.
Il rischio è quello di generalizzare eccessivamente, in genere però se l’inverno porta la letargia, l’estate favorisce l’agitazione e l’insonnia. Depressione a parte, l’estate è in genere una stagione particolarmente ingrata per chi soffre di problemi di salute mentale. Aumentano i tassi di suicidio, di abuso di stupefacenti e le difficoltà nel controllo degli impulsi.
Lo dimostra ad esempio uno studio che ha registrato un netto aumento di ricoveri per disturbi mentali quando la temperatura raggiunge o supera i 35 gradi per almeno tre giorni di seguito, e un incremento di disturbi del 24% in estate rispetto all’inverno. Tutti piccoli aspetti e sintomi da non sottovalutare. Si sta affrontando comunque una malattia a tutti gli effetti che può portare a effetti ancora più gravi.
WhatsApp continua a portare in campo funzioni riguardanti gli aggiornamenti di stato. Scovate nell'ultima beta dell'app per dispositivi iOS, tracce…
Gli astronauti americani, anche quando sono in orbita sulla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), non rinunciano al diritto di voto, un’opportunità…
L'olio di palma è da tempo oggetto di discussioni per i suoi effetti sulla salute. È ampiamente utilizzato nell'industria alimentare…
Asus Zenbook S 14 (modello UX5406SA) è un notebook destinato a durare per molti anni, un dispositivo che convince sin…
Il virus dell'herpes labiale, causato dal virus herpes simplex di tipo 1 (HSV-1), è ben noto per le fastidiose vescicole…
Sony ULT Wear sono le nuove cuffie over-ear dell'azienda nipponica, sapientemente studiate per i veri e propri amanti dei bassi, appartengono alla fascia medio/alta del…