Il Crew Interactive Mobile Companion (o CIMON, in breve) ha fatto registrare una serie di primati durante la sua missione presso la Stazione Spaziale Internazionale, che ha avuto luogo lo scorso novembre, come diventare il primo robot autonomo “a galleggiamento libero” ad operare a bordo della stazione, e il primo assistente-astronauta in assoluto. Ma CIMON è molto di più: lanciato grazie ai razzi di SpaceX, il robot si è fatto pioniere di una serie di modi in cui il robot di supporto dell’astronauta può interagire con l’equipaggio umano, anche dal punto di vista emotivo!
CIMON è il prodotto di una collaborazione tra IBM, il German Aerospace Center e Airbus, e ha l’obiettivo di diventare un vero e proprio assistente robotico che sia in grado di svolgere i compiti più disparati, dall’aiutare a recuperare informazioni e tenere traccia dei compiti che gli astronauti svolgono a bordo della stazione ad alleviare e frenare quella “degenerazione emotiva” che gli astronauti patiscono dopo aver trascorso periodi molto lunghi nello spazio.
“L’obiettivo della missione era capire se il robot poteva davvero lavorare a contatto con gli astronauti e se poteva interagire con loro senza creare problemi“, ha spiegato Matthias Biniok di IBM, project manager degli aspetti relativi all’intelligenza artificiale del robot. “Possiamo dire che la missione ha avuto molto successo: agli astronauti è piaciuto molto lavorare con CIMON. Ora, stiamo lavorando alla prossima versione: CIMON-2“, ha continuato Biniok.
“Il nuovo progetto avrà capacità e funzioni aggiuntive: ad esempio, monterà un software e un hardware migliorati, sulla base dei risultati ottenuti durante la prima missione. Quindi“, continua Biniok, “per quanto riguarda la componente dell’intelligenza artificiale, abbiamo sviluppato una cosa chiamata intelligenza emotiva, con cui stiamo cercando di capire e analizzare le emozioni durante una conversazione tra CIMON e gli astronauti per osservarne le reazioni a lungo termine“.
CIMON può anche agire come documentarista di bordo, grazie alla videocamera di cui dispone e che può utilizzare per registrare esperimenti e altre attività svolte sulla Stazione Spaziale. “È in grado di farlo anche in modo autonomo“, aggiunge Biniok, “in modo che un astronauta possa teoricamente chiedergli di spostarsi in una posizione specifica, scattare una foto, quindi tornare e mostrare quella foto all’astronauta“.
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