Numerosi scienziati e biologi cercano di scoprire sempre di più sulla storia passata di una popolazione, usanze, ma anche malattie pregresse studiando i vari fossili e le eventuali tracce di genomi batterici. In merito a ciò, un nuovo studio pubblicato su Nature Ecology & Evolution ha studiato resti umani scavati nell’Eurasia occidentale e ricostruito otto antichi genomi di Salmonella enterica, tutti parte di un gruppo correlato all’interno della diversità molto più ampio della moderna S.enterica. Questi risultati illuminano ciò che probabilmente era un grave problema di salute in passato e rivelano come questo patogeno batterico si è evoluto in un periodo di 6.500 anni.
La maggior parte dei patogeni non causa alcun impatto duraturo sullo scheletro, il che può rendere difficile l’identificazione dei resti archeologici interessati per gli scienziati. Al fine di identificare le malattie passate e ricostruire le loro storie, i ricercatori si sono rivolti dunque alle tecniche genetiche. Utilizzando una pipeline di screening batterico di recente sviluppo chiamata HOPS, gli autori dello studio sono stati in grado di superare molte delle sfide legate alla ricerca di patogeni antichi nelle scoperte dei vari genomi batterici.
“Con le nostre metodologie recentemente sviluppate siamo stati in grado di selezionare migliaia di campioni archeologici per tracce di DNA di Salmonella”, afferma Herbig.
I ricercatori hanno esaminato 2.739 resti umani antichi in totale, ricostruendo infine otto genomi di Salmonella fino a 6.500 anni, il più antico genoma batterico ricostruito fino ad oggi. I genomi del presente studio sono stati recuperati prelevando campioni dai denti del defunto. La presenza di S. enterica nei denti di questi antichi individui suggerisce che soffrivano di malattie sistemiche al momento della morte.
Le persone i cui resti furono studiati provenivano da siti situati dalla Russia alla Svizzera, rappresentando dunque diversi gruppi culturali, dai tardi cacciatori-raccoglitori ai pastori nomadi ai primi agricoltori. “Questo ampio spettro nel tempo, geografia e cultura ci ha permesso, per la prima volta, di applicare la genetica molecolare per collegare l’evoluzione di un patogeno allo sviluppo di un nuovo stile di vita umano”, ha spiegato Herbig.
Il “processo di neolitizzazione” ha offerto opportunità di evoluzione dei patogeni. Con l’introduzione di animali domestici, un maggiore contatto con gli escrementi umani ed animali e un drastico cambiamento nella mobilità, è stato a lungo ipotizzato che la “Neolitizzazione”, il passaggio a uno stile di vita agricolo sedentario, abbia permesso un’esposizione più costante e ricorrente agli agenti patogeni e quindi l’emergere di nuove malattie. Tuttavia, prima dell’attuale studio, non c’erano prove molecolari dirette.
“L’antica metagenomica offre una finestra senza precedenti sul passato delle malattie umane”, afferma l’autore principale Felix M. Key. “Ora disponiamo di dati molecolari per comprendere l’emergere e la diffusione di agenti patogeni migliaia di anni fa ed è interessante il modo in cui possiamo utilizzare la tecnologia ad alto rendimento per rispondere a domande di lunga data sull’evoluzione microbica”.
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