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Gli archeobatteri hanno somiglianze cromosomiche con il DNA umano

Gli archeobatteri, i microrganismi più antichi oggi osservabili sulla Terra, sono stati oggetto di uno studio da parte dei ricercatori dell’Università dell’Indiana, che ha evidenziato una somiglianza con l’uomo tra l’organizzazione dei cromosomi. La scoperta apre una possibilità all’uso di archeobatteri nella ricerca per comprendere le malattie umane legate a mutazioni genetiche delle cellule, come il cancro. L’autore principale dello studio è Stephen Bell, presidente del Dipartimento di biochimica molecolare presso il College of Arts and Sciences dell’IU Bloomington.

Le similitudini del DNA dell’uomo e dei cromosomi arcaici è rilevante, perché alcuni geni si attivano o disattivano in base al modo in cui sono ripiegati. “L’aggregato raggruppamento o ripiegamento del DNA può portare all’accensione o alla disattivazione del gene sbagliato”, ha detto Bell. “Gli studi hanno dimostrato come le accensione o lo spegnimento di geni errati, durante la crescita cellulare nell’uomo, può portare a mutazioni genetiche cancerogene.

Gli archeobatteri sono semplici organismi monocellulari, presenti in ogni tipo di ambiente, incluso il corpo umano. Questi organismi sono poco conosciuti, rispetto ai batteri ed eucarioti. Lo studio di Bell, è il primo a descrivere l’organizzazione del DNA nei cromosomi arcaici, e afferma: “Quando abbiamo visto per la prima volta le somiglianze del DNA degli archeobatteri, siamo rimasti scioccati. Sembrava proprio lo stesso DNA che osservavamo nell’uomo”.

 

Un modello per comprendere i processi cellulari umani

Lo studio è anche il primo a descrivere la proteina utilizzata, per assemblare il DNA di questi microrganismi, durante la crescita cellulare. I ricercatori hanno chiamato questo complesso proteico coalescenza, a motivo della somiglianza con una proteina degli eucarioti chiamata condensina. “Le cellule umane sono terribilmente complesse e comprendere le regole del ripiegamento del DNA è estremamente impegnativo”, ha detto Bell.

“La semplicità degli archaeobatteri, li rende potenzialmente un modello per comprendere i processi cellulari correlati, ma molto più complicati, negli esseri umani”. Lo studio è stato condotto utilizzando Sulfolobus, un genere di archeobattere che prospera a temperature elevate, poiché la sua resistenza consente loro di essere più facilmente utilizzati negli esperimenti. Sulfolobus si trovano in tutto il mondo, in particolare in luoghi come il vulcano sul Monte Sant’Elena e le sorgenti calde del Parco Nazionale di Yellowstone.

Paola Tammaro

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