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Google Project Abacus, addio login con username e password

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Google si fa carico di implementare sempre le ultime innovazioni lato software, oltre che hardware, al fine di accrescere costantemente l’esperienza utente in senso positivo. Ne ha dato prova attraverso quello che è stato l’ultimo evento ufficiale di presentazione delle nuove risorse – Google I/O 2016 – e continua a darne introducendo migliorie via via sempre più importanti che non fanno altro che aumentare l’entusiasmo degli utilizzatori della relativa piattaforma.

In ultimo, la possibilità di poter rinunciare alla digitazione continua di credenziali di accesso che, oltre a richiedere uno sforzo mnemonico di non poco conto – nonostante vi siano applicazioni studiate ad hoc per l’immagazzinamento tramite one-password-system – rischiano seriamente di cadere nelle mani sbagliate dietro tecniche avanzate di hacking e social engineering. In tal senso il colosso di Mountain View ha ben pensato di porvi rimedio attraverso un nuovo sistema di accesso basato sul nuovo Project Abacus. Vediamolo.

Google password, addio metodi convenzionali di accessoGoogle Project Abacus

Google Corporations sta per mettere in atto quanto auspicato già nel corso dell’evento rappresentativo relativo all’I/O 2015, durante il quale si erano gettate le basi per le nove implementazioni relative all’apprendimento intelligente tramite supporto sensoriale integrato al fine di automatizzare e senz’altro velocizzare le procedure di login nel rispetto di rigidi canoni di sicurezza.

In particolar modo, quello che è stato definito come Google Project Abacus, potrebbe rispondere pienamente a quelle che sono le nuove esigenze unitamente ai nuovi sistemi intelligenti di e-learning che si concretizzano mediante lo sfruttamento del comparto sensori presenti ovunque all’interno dei nostri terminali Android.

Potremmo paragonare l’utilizzo del nuovo sistema a già conclamato SMART Lock incontrato con l’avvento di Android 5.0 Lollipop vista stavolta in un’ottica ben più specifica, che consiste nella creazione di un ecosistema di gestione esteso in grado di riconoscere le abitudini dell’utilizzatore consentendo o meno l’accesso in automatico ai dati delle applicazioni. Un meccanismo che detto così potrebbe sembrare sin troppo semplicistico ma che, contrariamente a quest’ultimo filone di pensiero, sfrutta un’elaborata ricerca di fondo che massimizza il risultato.Google password

Tutti i sensori presenti sui nostri smartphone Google cooperano al fine di catalogare lo stile di vita e le abitudini quotidiane dell’user. Tra questi schemi comportamentali possiamo, tanto per fare qualche esempio, individuare il modo in cui si prende in mano il telefono, la camminata, il ritmo cardiaco, lo stile di digitazione e l’inclinazione del dispositivo durante quest’ultima fase tramite giroscopio. Tutti i dati raccolti convergeranno poi in quella che è una tabella di punteggio (la cosiddetta Trust Score) che avrà l’importantissimo compito di stilare un profilo di riconoscimento il cui risultato varia in relazione alla sensibilità dei dati provenienti dalle app. Vediamo di chiarire meglio quest’ultimo concetto.

Per comprendere quest’ultima affermazione si pone il caso di un’app per l’home banking. Risulta chiaro che, in questa specifica situazione, il rischio derivante da un eventuale leggerezza nell’attribuire il punteggio può costare piuttosto caro e garantire perciò l’accesso anche a coloro che, per puro caso, adottano una metodica di comportamento del tutto simile alla nostra. In tal caso, Google, ha predisposto che l’algoritmo giri su criteri di protezione piuttosto elevati che, in casi limite, reindirizzano l’utente ai metodi consoni consistenti in digitazione user, pin o password o sensore biometrico alternativo.

Leggi anche: Google I/O, tutti gli aggiornamenti e le novità dell’evento

Il sistema Google password-less è in attivo affinché gli istituti bancari diano il consenso alle cosiddette Trust API. Una manovra che seguita quella già intrapresa lo scorso anno nei confronti di atenei ed istituti votati alla ricerca. Un progetto senz’altro ambizioso verso cui il responsabile di ATAP – Daniel Kaufman – si dice fiducioso, in vista di un’espansione totale alle applicazioni presenti su Google PlayStore. 

E voi credete che vi possano essere delle ripercussioni in merito ad eventuali problemi di sicurezza o cattiva gestione dei sensori a bordi di alcuni terminali in tal senso poco o niente ottimizzati? Utilizzerete i canonici metodi di accesso o queste nuove Trust Platform di ultima concezione? Lasciateci pure tutti i vostri commenti al riguardo.

Federica Vitale
Federica Vitalehttps://federicavitale.com
Ho studiato Shakespeare all'Università e mi ritrovo a scrivere di tecnologia, smartphone, robot e accessori hi-tech da anni! La SEO? Per me è maschile, ma la rispetto ugualmente. Quando si suol dire "Sappiamo ciò che siamo ma non quello che potremmo essere" (Amleto, l'atto indovinatelo voi!)

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