Il team di sviluppo Google ha concesso da tempo un servizio di cloud storage pubblico che ha consentito negli anni di immagazzinare e rendere sempre disponibili documenti, contenuti multimediali e file di ogni genere, beneficiando di uno spazio di archiviazione gratuito pari a ben 15GB
Basandosi proprio sul presupposto che tali sistemi possono effettivamente rendersi utili anche per il salvataggio di grandi quantitativi di dati sempre accessibili online grazie ad una connessione di rete i pirati hanno ben pensato di sfruttare il cloud service quale metodo alternativo all’utilizzo dei portali pirata che concedono in uso contenuti privi di licenza che viaggiano attraverso la rete.
Il gruppo di Mountain View ha così potuto rilevare 4.700 nuovi casi di file sospetti nei soli ultimi 30 giorni. Trattasi, in particolare, di file multimediali strettamente vincolari alla legge sul copyright che pertanto violano le leggi di diffusione e tutte le autorizzazioni sulle proprietà intellettuali.
Si è quindi in presenza di una situazione anomala che vede Google coinvolta nella lotta ad un fenomeno che ha visto già la compartecipazione di portali online ormai ben noti al pubblico, come Kickass Torrents, TorrentHound e Torrentz.eu che dopo la loro chiusura hanno quindi ceduto il posto al popolare servizio di file hosting della compagnia californiana.
Nella loro forma più comune i file di Google Drive incriminati si sono limitati a fornire l’indicazione di link esterni da cui prelevare i contenuti veri e propri ma nei casi più eclatanti i pirati si sono ingegnati con una strategia davvero creativa. Nello specifico, si sono andati a postare i link ai video Youtube non presenti in elenco per poi reindirizzare gli utenti a specifici forum di discussione e gruppi che hanno consentito di eludere il sistema di controllo passando per Facebook.
Servizi analoghi come quelli offerti da Dropbox o OneDrive sono invece meno inclini a tali tipologie di utilizzo ed il motivo è presto detto. Infatti, per quanto concerne l’ecosistema Google si ha un solo account unificato per l’accesso alle piattaforme Drive e Youtube ed inoltre uno spazio di archiviazione gratuito da ben 15GB che nulla ha da spartire con i soli 2GB offerti da Dropbox ed i 5GB concessi da OneDrive che limitano chiaramente la portata del fenomeno.
A questo punto la mossa spetta al team di sicurezza Google che, sotto la pressione delle grandi major, dovranno ingegnarsi a trovare una soluzione idonea alla rimozione totale dei contenuti incriminati e delle contromisure adeguate al contenimento del fenomeno. Non resta altro da fare che attendere un resoconto esaustivo sulla situazione e un rapporto completo sulle previste modalità d’intervento.
Voi che cosa ne pensate al riguardo? Spazio a tutti i vostri personali commenti ed a tutte le vostre considerazioni.