Foto di Mitchell Luo su Unsplash
Da aprile 2025, il dominio Google.it è stato ufficialmente dismesso e reindirizzato a Google.com, portando a termine un processo di unificazione silenziosa avviato anni fa da Mountain View. La notizia ha colto di sorpresa molti utenti italiani, che si sono trovati di fronte a una versione apparentemente identica del motore di ricerca, ma con qualche differenza strategica e simbolica.
Il passaggio da Google.it a Google.com è stato presentato come una mossa di razionalizzazione: un unico dominio globale per offrire un’esperienza coerente agli utenti di tutto il mondo. Tuttavia, l’eliminazione del dominio “.it” segna anche un punto di svolta simbolico: la fine di un’era in cui Google localizzava i suoi servizi a livello nazionale anche attraverso i domini specifici per paese.
L’Italia non è sola: anche altri domini nazionali sono stati gradualmente reindirizzati alla versione .com, in un processo iniziato nel 2017 con modifiche all’algoritmo che impedivano di cambiare manualmente il dominio per accedere ai risultati localizzati.
Dal punto di vista funzionale, poco cambia per chi usa Google in Italia: la geolocalizzazione dei risultati è ancora attiva grazie agli indirizzi IP, alla cronologia e alle impostazioni dell’account Google. I contenuti suggeriti continueranno a essere localizzati in italiano, come pure la pubblicità e le news.
Tuttavia, non sarà più possibile accedere direttamente a una “versione italiana” del motore tramite il dominio .it, una pratica che alcuni utilizzavano anche per motivi di privacy o per accedere a risultati più pertinenti per il mercato locale.
La chiusura di Google.it solleva interrogativi più ampi sul futuro della localizzazione online. In un mondo sempre più centralizzato e orientato al controllo algoritmico, la scomparsa dei domini nazionali può rappresentare una perdita di pluralità e autonomia nell’accesso alle informazioni.
Mentre Google rassicura sull’immutabilità dell’esperienza per gli utenti italiani, il reindirizzamento a Google.com segna un nuovo capitolo nella relazione tra multinazionali del web e identità digitale locale. Un cambiamento silenzioso ma significativo, che ci invita a riflettere su chi realmente controlla le chiavi del nostro accesso al sapere digitale.
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