Spesso sono le misurazioni scientifiche più minuscole ad essere le più importanti, e proprio per questo dei ricercatori hanno sviluppato un nuovo dispositivo super piccolo in grado di rilevare i campi magnetici anche quando sono estremamente deboli. Il dispositivo, un nuovo tipo di modello di interferenza quantistica superconduttore (SQUID), è alto solo 10 nanometri. È composto da due strati di grafene, che lo rendono uno dei più piccoli SQUID mai costruiti, separati da uno strato molto sottile di nitruro di boro. Nonostante le dimensioni, è perfettamente funzionante ed ideale per le misurazioni scientifiche di piccola portata.
Il nuovo dispositivo scientifico con il grafene
Questi affascinanti dispositivi sono già utilizzati in campi diversi come la medicina e la geologia. Quest’ultimo progetto SQUID dovrebbe rendere i minuscoli strumenti ancora più utili agli scienziati, grazie alla sua capacità di rilevare campi magnetici molto deboli. “Il nostro dispositivo SQUID è costituito da una complessa pila a sei strati di singoli materiali bidimensionali. Se due contatti superconduttori sono collegati a questo sandwich, si comporta come uno SQUID, il che significa che può essere utilizzato per rilevare campi magnetici estremamente deboli.”, afferma il fisico David Indolese dell’Università di Basilea, in Svizzera.
Sebbene questi dispositivi siano già in grado di individuare deboli campi magnetici, la dimensione dei collegamenti deboli è un limite. Passando a un design impilato, piuttosto che ad un loop, il team con questo nuovo dispositivo SQUID può rilevarli con maggiore accuratezza e precisione.
Un’applicazione possibile, anche se piuttosto tecnica, degli SQUID consiste nell’osservare da vicino gli isolanti topologici: materiali che agiscono come isolanti, ma che possono anche avere elettroni che viaggiano sulla loro superficie. “Con il nuovo SQUID, possiamo determinare se queste supercorrenti senza perdite sono dovute alle proprietà topologiche di un materiale, e quindi distinguerle dai materiali non topologici”, afferma il fisico Christian Schönenberger dell’Università di Basilea.