Secondo una ricerca condotta dal Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (ESP) del’Univeristà di Milano, i ghiacciai del gruppo Ortles-Cevedale, stanno diventando sempre più neri. Ovvero la loro superficie sta diventando preoccupantemente sempre più sporca per l’accumulo di polveri.
Questa condizione fa si che diminuisca la capacità del ghiacciaio di riflettere la luce, portando il ghiaccio ad assorbire più radiazioni solari e a scaldarsi quindi maggiormente, con il conseguente aumento della velocità di scioglimento dei ghiacciai. Lo stesso problema è stato riscontrato anche sul ghiacciaio dell’Adamello.
Lo studio è stato condotto tramite delle indagini satellitari, utilizzato i dati raccolti negli ultimi 40 anni dai satelliti Landsat. Tramite queste analisi i ricercatori, guidati da Davide Fugazza, hanno riscontrato una progressiva diminuzione della capacita riflettente del ghiaccio (nota come albedo).
I risultati ottenuti tramite i satelliti, sono state inoltre confermate dai dati raccolti dalla stazione meteorologica permanente, Aws1 Forni, installata dall’Università Statale nel 2005 sul ghiacciaio Forni. Lo studio è pubblicato sulla rivista Global and Planetary Change.
Secondo i ricercatori le principali cause dell’annerimento dei ghiacciai dello Stelvio sono la copertura detritica dovuta alle pareti rocciose attorno ad essi; e dalle polveri trasportate dal vento. Per quanto riguarda la copertura detritica, questa è dovuta all’aumento delle temperature che provoca una maggiore instabilità sui versanti rocciosi che circondano i ghiacciai. Le polveri trasportate dal vento possono invece essere di diversa natura, naturale o meno. Ad esempio possono giungere sui ghiacciai le sabbie dei deserti o le polveri sottili dovute ai motori diesel o alle industrie. All’annerimento contribuisce inoltre anche l’azione di microrganismi come batteri e alghe.
Questo studio potrò in futuro rivelarsi molto utile per studiare la progressione di scioglimento e lo stato di salute dei ghiacciai dello Stelvio, e come questi cambiano nel tempo. Partendo dai dati ottenuti in passato, ovvero negli ultimi 40 anni, si possono infatti ottenere dei modelli matematici che possano correlare l’annerimento dei ghiacciai con il loro regresso. Sarà dunque possibile, partendo da queste basi, creare dei modelli che siano in grado di effettuare delle previsioni che saranno indice della sensibilità dei ghiacciai al riscaldamento globale ed ai cambiamenti climatici.
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