Gli esseri umani possiedono una forma di “luminosità” naturale, anche se è invisibile ai nostri occhi. Uno studio pubblicato su PLOS nel 2009 ha rivelato che il corpo emette deboli biofotoni, un fenomeno legato ai nostri processi metabolici e ai ritmi circadiani.
Come Funziona il Fenomeno?
Secondo i ricercatori, questa luce tenue è generata da specie reattive dell’ossigeno prodotte dai mitocondri, gli organelli cellulari responsabili della produzione di energia. Durante la respirazione cellulare:
- Le specie reattive interagiscono con proteine, lipidi e altre molecole.
- Si generano biofotoni, particelle di luce.
Questo processo differisce dalla bioluminescenza osservata in animali come le lucciole, poiché non è mediato da enzimi specifici, ma da reazioni metaboliche.
La Ricerca: Biofotoni e Ritmi Circadiani
I ricercatori hanno analizzato cinque volontari in un ambiente completamente oscuro usando telecamere CCD criogeniche. Le osservazioni chiave includono:
- Variazione della luce durante il giorno: la luminosità era maggiore nelle ore diurne, sincronizzata con i ritmi circadiani.
- Zone più luminose del corpo: il viso mostrava le emissioni più intense.
- Ruolo del cortisolo: i livelli di questo ormone, associato al metabolismo e ai ritmi circadiani, erano correlati al bagliore.
Perché Non Riusciamo a Vedere Questa Luce?
La luce emessa dal corpo umano è 1.000 volte più debole della soglia che l’occhio umano può percepire. Anche se non visibile, questo fenomeno potrebbe avere implicazioni importanti:
- Monitoraggio della salute: le variazioni nel bagliore potrebbero riflettere cambiamenti metabolici o condizioni mediche.
- Comprensione dell’evoluzione: suggerisce che la produzione di biofotoni potrebbe essere un tratto comune tra specie viventi.
Sebbene non siamo in grado di osservare la nostra “luminosità”, essa rappresenta un’affascinante finestra sul funzionamento interno del corpo umano. Questa scoperta evidenzia come i ritmi circadiani influenzino i processi metabolici e, indirettamente, le emissioni di luce.
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