Ormai ne siamo certi. I Neanderthal non sono completamenti scomparsi dal nostro pianeta decine di migliaia di anni fa spazzati via dalla specie più forte, noi. Se è vero che alcuni gruppi hanno combattuto fino a sparire del tutto, altri si sono incrociati con intenti pacifici tanto da mischiare il DNA. Tutt’oggi troviamo tracce di quegli ominidi in molti di noi, tracce che hanno avuto e hanno un peso specifico per quanto riguarda proprio la nostra evoluzione.
Secondo il professore associato di scienze biologiche Tony Capra, l’incrocio tra i due ominidi è stato significativo. “Quando i Neanderthal si separarono da quella che divenne la popolazione umana 700.000 anni fa, insieme a loro presero specifiche varianti genetiche. Alcune di queste varianti genetiche furono successivamente perse nelle popolazioni umane. Mostriamo che l’incrocio con Neanderthal ripristinò centinaia di migliaia di geni genetici precedentemente persi varianti. Queste varianti genetiche reintrodotte hanno maggiori probabilità di avere effetti positivi rispetto alle varianti genetiche uniche dei Neanderthal.”
“Individuare quando quegli alleli hanno avuto origine lungo la linea temporale umana offre una prospettiva evolutiva su cui le varianti genetiche mantengono in salute gli umani moderni e ha ampie implicazioni su come si sono evoluti i fattori di rischio di malattia.”
Grazie a due progetti già esistenti che hanno come focus la mappatura del genoma dei Neanderthal, il ricercatore è riuscito ad arrivare a questa conclusione. Continuando questa ricercare saremo sempre più in grado di individuare l’effetto dell’introduzione di una variante genetica positiva la quale può aver donato a una persona una resistenza a determinate malattie autoimmuni o anche a resistere maggiormente alla dipendenza da sostanze.
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