Gli incendi scoppiati nella zona di esclusione attorno alla centrale nucleare di Chernobyl, tristemente passata alla storia per il terribile incidente del 26 aprile 1986, sono divampati nuovamente in queste ore a causa dei forti venti che hanno interessato la zona. Il fumo che ne è derivato ha investito anche i cieli della capitale ucraina Kiev e le autorità hanno raccomandato ai cittadini di tenere chiuse le finestre e di restare in casa; l’analisi della qualità dell’aria ha infatti fatto registrare valori considerati pericolosi.
Lo ha reso noto l’amministrazione comunale della città di Kiev in una nota, in cui si legge: “Il fumo causato dagli incendi dell’Oblast di Zhytomyr è stato trasportato verso nord-ovest dal vento“. Il capo del servizio di emergenza dello Stato Mykola Chechotkin ha poi aggiunto: “Gli incendi erano stato domati dopo appena due giorni, ma ora sono ripresi in tre nuovi punti della zona di esclusione di Chernobyl a causa dei forti venti. Tuttavia, le fiamme non costituiscono un pericolo per la centrale e per le altre strutture presenti nella zona“.
Gli incendi però non hanno interessato soltanto l’Ucraina, essendo fin da subito nata la preoccupazione che il fumo e il materiale radioattivo da esso trasportato potessero giungere fino agli altri paesi europei. L’autorità per la sicurezza nucleare francese, l’IRSN, aveva infatti descritto un modello che cercasse di prevedere lo spostamento della massa d’aria e pare che proprio grazie ai venti, paesi come l’Italia potrebbero essere già stati liberati dalla presenza dell’aria inquinata. Secondo tale previsione, quest’ultima avrebbe interessato il nostro paese fino al 14 aprile mentre nelle regioni più lontane, come la Sardegna e la Sicilia, la nube sarebbe stata presente fino al giorno 16.
Ma nonostante questa buona notizia per l’Italia, gli incendi persistono. L’incendio principale sarebbe scoppiato a 70 chilometri dalla centrale di Chernobyl e si sarebbe esteso per almeno 25 chilometri ad ovest; un altro vasto focolaio è concentrato in una zona a 30 chilometri dalla centrale, mentre altri due più piccoli sarebbero ad essa molto più vicini, a circa 2 chilometri. L’IRSN, tuttavia, chiarisce: “Il rischio principale che la centrale corre è quello di un’interruzione della fornitura di energia elettrica. Una possibilità di questo tipo è stata però già analizzata e studiata in Europa dopo l’incidente della centrale di Fukushima nel 2011. Se i sistemi di raffreddamento della centrale dovessero subire danni, la sicurezza della centrale non dovrebbe comunque risentirne“.
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